Corriere della Sera, 8 giugno 2019
Badoglio
Caro Aldo,
il giudizio severo degli italiani su Vittorio Emanuele III è comprensibile perché era costui che doveva assicurare la legalità, non Mussolini che diventò capo del governo dopo esserlo stato di un partito, fascista, in cui peraltro, si riconosce tuttora ideologicamente una larga fetta di italiani. Il re invece tollerò che il fascismo si impadronisse del potere e promulgò le famigerate leggi razziali. In quanto a Badoglio, nel pensiero comune, incarna la resa dell’Italia sconfitta, con gli anglo-americani. Entrambi (il re e Badoglio) fuggirono a Brindisi, dando ampia prova di tradimento abbandonando la nazione e l’esercito alla rappresaglia nazifascista.
Daniele MarchiVolta Mantovana Caro Daniele,
insisto: non sento dire da nessuno che il re e Badoglio «hanno fatto anche cose buone», come sento invece dire dell’uomo che prese il potere a bastonate, si alleò con il peggiore criminale della storia, umiliò gli italiani di religione ebraica, trascinò il nostro Paese in una guerra che costò centinaia di migliaia di vite e distruzioni drammatiche, arrivando a dichiarare guerra contemporaneamente all’Impero britannico, all’Unione Sovietica e agli Stati Uniti d’America (fu anche questa una cosa buona?).
Certo il re e Badoglio furono corresponsabili della politica di Mussolini. Ma se c’è un personaggio che racchiude nella sua biografia difetti ma pure pregi degli italiani, quello è proprio il tanto esecrato Pietro Badoglio. Oggi nessuno lo difende. Non la sinistra, perché non era di sinistra (anche se Togliatti lo stimava e lo trovava pure simpatico: i due spesso conversavano in dialetto piemontese, prendendosi gioco di qualche ministro). Non la destra, in quanto «traditore», come dice di fatto anche lei, caro Daniele. Vorrei però che mi spiegasse questo: cosa avrebbe dovuto fare Badoglio dopo il 25 luglio 1943? Continuare a combattere accanto ai tedeschi fino alla totale distruzione dell’Italia? Continuare a sostenere il regime nazista che stava preparando la soluzione finale per sei milioni di ebrei? O non invece trattare l’armistizio con gli angloamericani, che già controllavano una parte del territorio nazionale, e contro i quali non avevamo alcuna speranza di vittoria? Certo, la gestione dell’8 settembre fu disastrosa. Non stiamo parlando di un eroe, ma di un uomo dalla biografia controversa. Fin da Caporetto, dove le artiglierie che comandava tacquero. Però poi fu Badoglio, in quanto vice di Armando Diaz, a organizzare la resistenza sul Piave. E quando in Etiopia le cose si stavano mettendo male, il Duce dovette richiamare il vecchio maresciallo. Che entrò in Addis Abeba «alla testa delle truppe vittoriose».