Corriere della Sera, 7 giugno 2019
Parla Francesco Bellomo
Sono le 19 circa del 4 giugno. Dai padiglioni della Fiera di Roma escono gli studenti che hanno sostenuto il secondo scritto al concorso per diventare magistrati. Andando via, puntano gli occhi indignati su un gruppo di giovani, per lo più ragazze, riunito in semicerchio ad ascoltare Francesco Bellomo, l’ex toga del Consiglio di Stato destituito per «aver leso il prestigio della magistratura» con lo scandalo del dress code (minigonne e tacchi a spillo) richiesti alle allieve vincitrici di borsa di studio.
Bellomo, non le sembra inopportuna la sua presenza?
«Non mi è chiaro il concetto di inopportuno, me lo spieghi in italiano se ne è capace».
Gli insulti degli studenti li ha sentiti? (urlano «vergogna», «str....», «vergognatevi pure voi che lo ascoltate»)
«Non dica stupidaggini. Nessuno studente si è mai permesso di contestarmi».
Perché viene proprio qui?
«Ci vengo ogni volta che c’è una prova d’esame per illustrare lo schema di svolgimento delle tracce concorsuali ai miei allievi (è direttore della scuola di preparazione al concorso in magistratura Diritto e Scienza, ndr) e a chiunque voglia sentirli. E venerdì, per l’ultima prova scritta, ritornerò».
Alle sue studentesse fa firmare ancora il contratto dove raccomanda di mettere minigonna e tacchi a spillo?
«No, è sospeso da un anno e mezzo, da quando mi hanno destituito. Ma era un contratto assolutamente regolare».
E allora perché non lo fa firmare più?
«Ho fatto ricorso al Tar ma, nell’attesa, sarei uno stupido se non tenessi conto della sanzione disciplinare».
Pentito per ciò che ha fatto?
«Non mi posso pentire di cose che non sono scorrette. È successo tutto per nulla. Anche se a posteriori avrei evitato il nulla».
Non è dispiaciuto per la frase detta a una studentessa: «Se non confessi tutta Italia saprà che sei una tr…»?
«Non la ricordo».
Posso farle rileggere i virgolettati?
«No guardi, ora vorrei andare. Me la mandi via email».
Cosa rappresentano per lei minigonna e tacchi a spillo? Perché li raccomandava? Cosa avrebbero dato in più a un magistrato?
«Innanzitutto non erano magistrati ma studentesse».
Lo sarebbero diventate.
«Ma lei lo chiede anche a chi va in televisione?».
Lì si fa spettacolo, in magistratura si fa altro.
«Certi abbigliamenti non sono presenti solo nei varietà. L’abbigliamento che lei cita riguardava eventi mondani organizzati dalla società Diritto e Scienza dove è ordinario quel look. E poi c’erano esigenze promozionali».
Tipo ragazza immagine?
«Il contratto non riguardava solo le ragazze ma anche i ragazzi. E sì, era previsto che svolgessero anche attività promozionale per la società».
Le capita ancora oggi di avere rapporti sentimentali con le sue allieve?
«Non glielo dico. Per il passato posso dire che frequentando gli stessi posti è più facile fidanzarsi. Anche se a me non piace questa parola».
E come preferisce dire?
«Avere relazioni».
Secondo lei un magistrato deve essere bello?
«Deve essere intelligente, neutrale e preparato. E se cura anche l’immagine, meglio».
Meglio per chi?
«Per se stesso. Anche se poi, come in tutti gli ambienti, dall’immagine si capisce il tipo di persona».
(...lo dice vestito con jeans strappati e giacca di pelle). Come giudice non era tenuto anche a insegnare l’etica?
«Guardi, è un periodo storico in cui troppo spesso si richiama la morale. Ci sono saperi scientifici di maggior consistenza. Voi vi attaccate ossessivamente a questa parola ma i magistrati non devono insegnare l’etica, quello è il ruolo dei filosofi».