Libero, 7 giugno 2019
I senzatetto non incassano il reddito grillino
Chi non ha un tetto sopra la testa non ha diritto di ottenere un lavoro né il reddito di cittadinanza. Potrebbe sembrare un’ingiustizia, eppure è legge dello Stato. «Con questo decreto abbiamo abolito la miseria», gongolava il ministro Luigi Di Maio ancora prima che la misura entrasse in vigore, eppure l’obolo pensato dai grillini come strumento di «contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale» presenta – paradosso – un carattere addirittura elitario oltre che discriminante, che va in aperto conflitto con gli obiettivi che intende (almeno in teoria) perseguire. Infatti, per poterlo ricevere è indispensabile un requisito: la residenza, che deve essere posseduta da almeno 10 anni ed essere continuativa negli ultimi due. Insomma, i cittadini italiani che dormono sul marciapiede e che mangiano ciò che scovano nei cassonetti dei rifiuti non hanno speranza di poter trovare un lavoretto mediante l’ausilio dei centri per l’impiego, che gli consenta di pagare un affitto e di condurre un’esistenza dignitosa. Proprio quelli che avrebbero più bisogno di un sostegno per rimettersi in sesto, dunque, si vedono preclusa la possibilità di tirarsi fuori dalla strada, che risucchia come le sabbie mobili, per cui i vagabondi non rabberciano un’occupazione poiché vivono all’addiaccio e vivono all’addiaccio poiché non rabberciano un’occupazione. Ma il governo se ne infischia di questa umanità prostrata. Gli ultimi degli ultimi, gli invisibili, non rientrano nell’agenda politica. Sono dimenticati. E non godono di alcun diritto.
NUMERI IN CRESCITA
Su 7.915 sono solo 200 i comuni della penisola che consentono ai senza fissa dimora di iscriversi in un registro ed avere così una residenza fittizia, al fine di poter accedere al reddito di cittadinanza. In tale caso, ammesso che un vagabondo riesca ad ottenere l’assegno poiché da due anni consecutivi risulta essere stabile in un determinato luogo, pur essendo nullatenente, si vedrebbe immediatamente decurtati dai 780 euro che gli spetterebbero i 280 previsti per il pagamento dell’affitto o del mutuo, dato che non ha un contratto di locazione e di fatto abita sull’asfalto. Il che è ridicolo! Purtroppo, il numero dei senzatetto in Italia continua a crescere e lo Stato non fa nulla per porre un argine al fenomeno. Sono oltre 50mila i barboni nel Belpaese. Secondo l’Istat, ammontano a 50.724, nel 2011 erano 47.648. Sono sia uomini (85%) che donne e hanno un’età media di 44 anni. Il 42% è di cittadinanza italiana e vive prevalentemente nel Settentrione. Ad aumentare sono pure i clochard di nazionalità italiana, che risultano essere 21.259, mentre nel 2011 erano 19.325. Il 41% di questi si ritrova senza casa da oltre due anni, quindi, pur avendo una residenza fittizia, non avrebbe diritto al reddito pentastellato.
I SENZA TUTTO
Essi hanno perso tutto: il tetto, la famiglia, il lavoro, la fiducia in un domani diverso. Si spostano da un luogo all’altro, spesso in compagnia dei loro amici a quattro zampe, si rifugiano sotto i porticati del centro, nelle stazioni ferroviarie, ovunque ci sia un angolo in cui riescano a trovare riparo dalle intemperie e che gli fornisca l’illusione di essere un pochino al sicuro. Nonostante Milano accolga 12mila barboni e la Capitale quasi 8mila, le istituzioni non si interessano affatto di questo dramma umano e sociale. Né lo fa il Movimento Cinque Stelle, che si era presentato come il protettore dei derelitti, il giustiziere di una fetta di popolo trascurato dalle vecchie guardie. Impegnato no-stop in una campagna elettorale perenne che lo sta sfiancando, mentre mira al sensazionalismo delle parole ed ottiene il pressapochismo dei fatti, il movimento di Davide Casaleggio se ne infischia di chi campa sul cemento e si nutre di avanzi. Ed il motivo è semplice: chi non ha una residenza non vota. E chi non vota non serve.