Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  giugno 07 Venerdì calendario

Intervista a Christian De Sica

Lo dice con un sorriso: «No, non ho pudore, infatti a teatro tengo la luce accesa, voglio vedere il pubblico in faccia, capire come reagisce». Lo stesso pubblico che incontrandolo per strada gli dà subito del tu e lo abbraccia, come fosse un amico. Christian De Sica alterna entusiasmo e una vena malinconica quando dice che gli piace confrontarsi solo con i giovani. «Li sente quelli della mia età? Parlano di tasse e malattie. I ragazzi invece sono pieni di aspettative, parlano di vita, fanno l’amore. Che bellezza».
Quest’anno niente cinepanettone. Sta girando il nuovo film di cui è interprete e regista – col figlio Brando – Sos fantasmi a Napoli, commedia horror che sarà distribuita da Medusa a novembre per Halloween. Poi lo aspetta il nuovo film di Fausto Brizzi e da novembre la ripresa dello spettacolo Christian racconta Christian De Sica.De Sica, come mai niente film di Natale?«Perché anche un signore della mia età ha voglia di sperimentare. Il rapper Clementino ci ha fatto una canzone per i titoli di coda. Io, Gianmarco Tognazzi e Carlo Buccirosso siamo tre fratelli nati da madri diverse, Carlo è figlio di una principessa napoletana e Gianmarco di una ballerina di Sestri Levante. Vengono a Napoli per ereditare qualcosa e s’inventano di fare gli acchiappafantasmi ma risvegliano i fantasmi veri. Anche quello del padre, che interpreto sempre io».Quindi rende omaggio a suo padre proprio a Napoli, città che ha amato tanto.«Sì, ci sono citazioni dei film di papà. Con lo sceneggiatore Nicola Guaglianone ci siamo divertiti a scrivere un horror che fa sorridere, prodotto da Indiana, con un sacco di trucchi e effetti speciali. E sono felice di stare a Napoli, è bellissima e mi circonda con un affetto unico. Se non stiamo attenti sul set la gente ti assedia, guarda dentro l’obiettivo e dice pure la sua. Fantastico. Giriamo in luoghi meravigliosi e un po’ magici, come la Biblioteca Girolamini».Nel lavoro si sente libero?«Scelgo sempre quello che mi piace fare. La verità è che non mi piace più stare in questo paese: mi sembra allo sbaraglio».Si riferisce alla politica?«Non solo. Non mi piace questa società diventata egoista, spietata. Figli che uccidono i padri, genitori che ammazzano i bambini. Mi interrogo su questa violenza, i difetti si sono acuiti, non riconosco più l’Italia e mi fa paura per i miei figli. Tra vent’anni cosa diventerà? Sono avvilito e parlo da uomo fortunato, la gente mi vuole bene. Troppa maleducazione, troppa competitività. Si è incattivito tutto, anche la tv. Il web è pieno di gente che odia e non capisci perché. Le fake news avvelenano il clima. È terribile come vengono trattati male le donne e gli omosessuali. Mai far vedere le persone perbene o gli esempi positivi. E ce ne sono».Lo spettacolo con cui ha girato l’Italia e che riprenderà a novembre sembra una serata tra amici. Come fa?«Per me è molto facile portare in scena Christian racconta Christian De Sica : è la mia vita e canto, la cosa che mi piace di più fare. C’è un’orchestra che va da cinquanta a sei elementi a seconda dell’ampiezza del teatro. Pino Strabioli, con grande garbo, mi aiuta a ricordare quello che mi è capitato e mi valorizza. Entro dalla platea e saluto il pubblico, si crea subito un clima familiare e poi lascio sempre la luce accesa».Quindi diventa spettatore del pubblico che viene a vederla.«Un po’ è così, raccontare il privato davanti a un muro nero è impossibile, devo vedere gli occhi delle persone. L’attore che entra sullo stacco musicale in genere è illuminato, io ho illuminato il pubblico e sono in penombra. Devo vedere come reagiscono gli spettatori. Grazie a papà ho conosciuto personaggi mitici, Chaplin, Montgomery Clift. Divento memoria storica. Ma è facile per me, so già che il pubblico mi vuole bene, non devo convincere nessuno».Come si giudica?«Penso di non essere un grande attore ma un buon attore. Sono un comico, un artista a modo mio. Ho 68 anni, quando i ragazzi mi fermano, mi dicono: “Bella Cri’, fatti dare un bacio”, come un amico. È una frustata di vitalità. Non c’è distanza. Forse perché non me la sono mai tirata. Però di premi me ne hanno dati pochi, è il destino dei comici. Il mio premio è l’amore del pubblico. Se pensa che dopo cinquanta anni di carriera l’anno scorso Amici come prima, il film con Massimo Boldi, è stato campione di incassi... Vuol dire che hai un pubblico fedele e trasversale».Il segreto del rapporto coi giovani?«Non devi essere disincantato o avere l’aria di chi ha capito tutto. Cerco di conservare lo stupore. Alla mia età è tutto già visto, già fatto. Facendo questo mestiere devi crescere restando bambino, avere maturità e esperienza ma mantenere l’entusiasmo dell’adolescenza. Bisognerebbe sforzarsi di farlo anche nella vita».