La Stampa, 7 giugno 2019
Nella giungla della tecnofinanza
Anche questa volta la tecnica e la scienza, cioè lo studio dell’intelligenza artificiale, hanno sopravanzato l’economia e il diritto: Techfin ha preceduto Fintech; la tecnica guidata dalla scienza ha introdotto una nuova rivoluzione, per l’appunto la rivoluzione digitale, e il diritto ha dovuto rincorrere le scoperte scientifiche e le applicazioni tecniche ai rapporti economici per poter compiere le scelte più opportune che non potevano essere affidate ai tecnici e agli scienziati.
In un documento predisposto dalla Camera dei Deputati il 15 ottobre 2018, che tiene conto del Rapporto dell’International Organization of Securities Commissions (Iosco) pubblicato nel febbraio del 2017, si distinguono otto macro-aree di intervento della tecnologia digitale applicata alla finanza, che costituiscono i pilastri della rivoluzione in atto: 1) i pagamenti; 2) le assicurazioni; 3) la pianificazione finanziaria; 4) il crowdinvesting; 5) il trading; 6) le catene a blocchi (blockchains) che realizzano operazioni dematerializzate, mediante smart contracts, con l’utilizzazione di un mezzo di pagamento non equiparabile alla moneta in senso proprio ma inteso come bene oggetto di scambio (bitcoin) e con la soluzione automatizzata delle controversie; 7) l’analisi delle informazioni e 8) la sicurezza delle operazioni, comprensiva della creazione della identità digitale, dell’autenticazione, della gestione delle frodi, della crittografia.
Si apre un nuovo mondo che implica il ruolo, le competenze e il controllo comportamentale di nuovi soggetti, tendenzialmente intermediari, la realizzazione di nuovi mercati di beni e servizi, nuovi rapporti con i destinatari dei beni e dei servizi, i consumatori-retailers, la creazione di nuove autorità di controllo o l’estensione dei poteri delle autorità esistenti a livello nazionale, europeo o internazionale, e quindi nuovi studi in cui le applicazioni tecniche sono rielaborate nella prospettiva scientifica, quella giuridica in primis, con tutto l’apparato conseguente: un nuovo vocabolario, nuovi concetti, nuove discipline.
I nuovi servizi implicano l’intervento, tra l’erogatore e il cliente, di un terzo soggetto (Ttp, Third Party Provider) che riceve ordini dal cliente, e che quindi si inserisce nel suo rapporto con la banca. Vi sono poi le criptovalute, la cui natura è ancora oggetto di analisi, in quanto non si tratta di «monete» vere e proprie perché non sono emesse dalle banche centrali, non sono sottoposte alla sovranità statale o sovrastatuale, ma sono create dall’autonomia privata, e tuttavia hanno un «corso» e una valutazione di mercato. Vi sono i nuovi rischi, che la banca assume, ma anche i nuovi profitti determinati dalla riduzione dei costi, della maggior efficienza dei servizi, dagli effetti positivi dell’innovazione. Vi sono le nuove tecniche di pagamento, effettuate mediante l’e-money, a cui l’Unione Europea ha dedicato grande attenzione. Esse implicano l’intervento di nuovi attori non finanziari, in quanto l’impresa può offrire al mercato non solo i suoi beni e i suoi servizi, ma anche raccogliere capitali con il crowdfunding.
Si parla anche di «non banks», proprio per mettere in evidenza come il deposito e il trasferimento di danaro possa avvenire attraverso provider di front-end, che si interfacciano con i clienti, provider di back-end, che operano per le banche, operatori che forniscono servizi di compensazione e provider end-to-end che compiono pagamenti e trasferimenti più sicuri (come Pay Pal).
Sempre con riguardo a Fintech, è particolarmente studiata la Finintegration, la concentrazione tra i Big Data e gli Analytic services, la concentrazione delle banche dati a fini finanziari, che costituisce uno degli sviluppi delle tecniche di integrazione dei dati a cui hanno conferito grande rilievo - comprendendone gli alti rischi - sia il Garante europeo, sia i Garanti nazionali. Anche l’outsourcing, che aveva preso campo in molte attività d’impresa e anche professionali, riceve, nell’ambito del mondo Fintech, una peculiare conformazione, come dimostrano le linee guida dettate dalla European Banking Authority, visto che si tratta di una tecnica la quale implica il trasferimento di dati di particolare rilievo.
Del diritto comunitario val la pena di menzionare tra i numerosi documenti normativi il «Piano d’azione per le tecnologie finanziarie: per un settore finanziario europeo più competitivo e innovativo» dell’8 marzo 2018 (Comunicazione della Commissione 2018, 109 final). Vi sono importanti sinergie tra la strategia della Commissione per il mercato unico digitale, la strategia dell’Ue per la cibersicurezza, il regolamento eIdas e le iniziative per i servizi finanziari come il piano d’azione per i servizi finanziari ai consumatori e la revisione intermedia dell’Unione dei mercati dei capitali (Umc).
Oltre a questo, sono assai rilevanti la Risoluzione del Parlamento europeo del 17 maggio 2017 sulla tecnologia finanziaria (2016/2243 Ini), la nuova disciplina recata dalla direttiva sui pagamenti elettronici (Psd2) integrata dal Regolamento delegato n. 2018/389, da mettere in collegamento con Mifid2, e la riforma del regolamento ePrivacy. La Risoluzione del Parlamento del 2017 invita la Commissione ad applicare alcuni principi per realizzare il mercato unico digitale, in modo che sia assicurata la neutralità tecnologica e la consapevolezza dei rischi.
Ai consumatori è dedicato un Piano d’azione, approvato il 23 marzo 2017 (Com 207,179 final) in cui si trattano i principali aspetti delle operazioni che i consumatori intrecciano con gli istituti bancari e finanziari e con i terzi. I principi a cui si dovrebbe attenere la disciplina europea - e, a cascata, la disciplina dei Paesi membri - sono enunciati con chiarezza: 1) promuovere l’accesso ai servizi finanziari per i consumatori e le imprese; 2) ridurre i costi operativi e aumentare l’efficienza del settore; 3) rendere più competitivo il mercato unico riducendo gli ostacoli all’accesso; 4) bilanciare una maggiore condivisione e trasparenza in materia di dati con le esigenze di tutela della vita privata.
Un laboratorio straordinario di cui si può cogliere, per il momento, solo la fase di avvio.