La Stampa, 7 giugno 2019
La scuola via skype per i figli dei circensi
Una volta all’anno i giostrai e i circensi italiani non si muovono in carovana e non portano al seguito né animali né attrazioni. Arrivano da ogni angolo d’Europa a Castelmassa, nel Rodigino, per una prova particolare: quella che attesta la bontà della formazione di studenti che non hanno frequentato le superiori, ma grazie all’educazione parentale evitano la dispersione e seguono le lezioni online.
Sono tutti cresciuti in fretta e fin da piccoli hanno imparato a fare l’acrobata o l’addetto del luna park. Hanno dai 14 ai 19 anni e grazie al progetto che si sono inventati Monica Bergamini e suo marito Flaviano - ex giostraio - possono seguire i corsi di educazione artistica, di meccanica e l’alberghiero alla statale «Bruno Munari». La coppia è stata in giro per anni con la sua ruota panoramica. I due vengono da Bergantino, dove negli anni Venti cento famiglie si sono specializzate negli spettacoli viaggianti. Piste per auto, giostre per bambini, «calci in culo», luci al led, fuochi d’artificio e case su ruote. Nel raggio di pochi chilometri «l’industria del sogno» sforna le attrazioni e tutti i servizi per chi gira di paese in paese tra sagre e fiere.
Quando la figlia della coppia è andata alle elementari si sono fermati, ma non hanno smesso di frequentare questa comunità di quasi duemila «viaggianti», con lo stesso identico problema per le nuove generazioni: inserimenti difficili, bocciature e infinite grane con la legge che prevede l’obbligo scolastico fino a 16 anni.
Grazie al protocollo di intesa tra l’Istituto comprensivo, la coop Nnt e la Fondazione Migrantes, nel 2011 parte la prima classe virtuale per 6 alunni. Il progetto si chiama «Studiando viaggiando» per le superiori e «Libro dei saperi» per tutti gli altri. Anche se non hanno nessun libro, è tutto online. Gli studenti rimangono in contatto con i docenti attraverso il portale scolastico, dove trovano le lezioni ad hoc insieme ad appunti e approfondimenti. Ogni due mesi rimandano indietro i compiti e, per verificare i progressi, ecco le interrogazioni via Skype: lo studio a distanza prevede anche un dopo-scuola virtuale con le educatrici della coop che li seguono via WhatsApp.
«I problemi sono tanti e per ottenere risultati siamo in contatto costante con i genitori, insistendo sull’importanza di seguirli perché resiste una certa mentalità che la terza media è sufficiente e hanno già un mestiere», spiega Monica Bergamini. La prima settimana di giugno è tempo degli esami per 270 studenti itineranti. La mattina lo scritto e il pomeriggio l’orale. Matematica è la bestia nera per tutti, difficile seguire (e apprendere) equazioni e trigonometria senza il supporto dell’insegnante. Filippo si lamenta anche dell’italiano che non riesce ad entrargli in testa mentre Roxanne, un presente da cavallerizza e un futuro da psicologa, dice che «ci vuole molta voglia e il tempo lo trovo di solito il martedì e mercoledì quando non ci sono spettacoli e ne approfittiamo per studiare». Le sorelle Tea e Mia Faleni si aiutano a vicenda con scienze, la materia più dura per loro, mentre Chiara si dice fortunata perché da ragazza «sono libera dal montaggio e smontaggio dei tappeti elastici».
Per tutti loro i primi due anni delle superiori sono obbligatori, dopo per arrivare fino al diploma continuano come privatisti. Per lo Stato della loro educazione si occupa formalmente la famiglia e quindi non ci sono né docenti né risorse supplementari. A dedicare il proprio tempo libero sono insegnanti come Fatima Caberletti: «Fondamentale è far percepire alle famiglie la scuola non come l’istituzione che chiama i carabinieri se non ci mandano i propri figli ma come un’opportunità». Fuori dal cancello, i genitori aspettano sotto un sole cocente. Arrivano da Roma, Napoli, Roma, Foggia e oltreconfine dall’Ungheria e la Francia. Hanno “incastrato” un permesso o pagato qualcuno per farsi sostituire e macinato centinaia di chilometri.
Christian ha scoperto il progetto con il passaparola: «Giro 30 paesi all’anno è finché mia figlia andava alle medie il pensiero fisso era uno solo: me la prendono in classe?». «State qui solo pochi giorni, andate altrove». Era la risposta classica delle segreterie che non volevano accettare altri alunni ad anno scolastico in corso. Ora, grazie anche ad un vademecum con gli articoli di legge e gli obblighi all’istruzione, i rifiuti sono sempre meno.
«Io sono stanco di fare il clown e mi fermerei, per questo voglio dare la possibilità di studiare a mio figlio», racconta il 35enne Joy Costa. Tutti ripetono come un mantra: «Se studiano da grandi non faranno questa vita». A raccontare le difficoltà di questi adolescenti, sospesi tra vecchi e nuovi mestieri, è la risposta di una studentessa alla domanda del commissario «se è stata dura». «Non è stato facile arrivare fin qui dopo 8 anni, sempre all’ultimo banco, con il solo compito di disegnare la roulotte e la giostra».