Il Post, 6 giugno 2019
Il caso Noa e il giornalismo italiano
Due mattine fa ho partecipato a una trasmissione su Radio 3, sulla qualità dei giornali italiani: a un certo punto un benintenzionato studente di una scuola di giornalismo ha celebrato il nuovo ruolo dei giornalisti come “debunker”, citando la loro capacità di “smascherare le bufale del web”. Mentre aspettavo di venire interpellato mi sono chiesto, annoiato di me stesso, “che faccio, lo dico anche stavolta o non lo dico?”. Alla fine l’ho detto anche stavolta, più o meno così: “se posso commentare una cosa che è stata detta, pur capendo che le scuole di giornalismo debbano tramandare l’idea di una distinzione tra il giornalismo professionale e il resto dell’informazione, il compito principale del debunking, in Italia, è però oggi quello di smascherare le bufale dei media tradizionali, più che del web: non solo e non tanto perché questi ne ospitano in grandi quantità quotidiane, ma anche perché la loro capacità di diffonderle e di influenzare le cose che pensiamo, il modo in cui capiamo il mondo, le decisioni che prendiamo, come votiamo, è molto maggiore di quella dei falsificatori sui social network”. E insomma l’ho detto di nuovo, e sono d’accordo pure io con voi: che palle.
Che poi le millemila volte che ho detto questa cosa (sto diventando sempre più Cacciari, “sono trent’anni che lo dico!”) sono stato spesso in imbarazzo, perché alcuni dei famigerati tanti esempi che facevo erano evidentemente cose di nessuna conseguenza. Il popolarissimo aneddoto sul fortissimo Mauro Di Sormano fa molto ridere ed è utile a spiegare una delle tante dinamiche di sciatteria nei giornali, ma non è che muoiano le democrazie per quello: “non muore mica nessuno”, potrebbe commentare giustamente qualcuno. E se commenta così, io allora cito esempi diversi, il cui maggiore e più impressionante è quello di quando il sensazionalismo terrorista dei quotidiani italiani ha, dati alla mano, ammazzato davvero delle persone: la volta dei “vaccini killer”. Non è vero che non muore mica nessuno.
Ma rimanendo sul problema principale e più quotidiano, ovvero quello di come la cattiva informazione tradizionale sia responsabile del cattivo funzionamento della democrazia e quindi della nostra società e del nostro paese, la storia di ieri è purtroppo un caso palese e abbastanza definitivo. Il riassunto, in estrema e spettacolare sintesi è: redazioni abituate a usare con leggerezza fonti inaffidabili e screditate e a privilegiare i titoli allarmanti e divisivi sull’interesse a capire se le cose siano vere o false, danno enorme spazio alla versione di un fatto falsa e questo genera giudizi, indignazioni, preoccupazioni, prese di posizione su un tema di grandissimo rilievo etico, culturale e politico (la vita, la morte): che arrivano persino a coinvolgere il Papa, il quale nel suo ruolo formula un richiamo alla cristianità intera.
Fatto il riassunto, già bastante, per chi resiste dirò invece alcune cose sui singoli aspetti di questa storia, quella della ragazza di 17 anni, Noa Pothoven, che si è di fatto suicidata in Olanda: probabilmente in conseguenza della sua sofferenza psicologica che durava da anni, legata alle violenze subite, all’anoressia, a cose che già mi sto azzardando troppo a indagare, da qui.La prima cosa da chiedersi è “come è successo che sulle prime pagine dei quotidiani italiani (e nei telegiornali, eccetera) il suicidio di una ragazza depressa diventasse un caso di eutanasia avallata legalmente dallo stato olandese?”. Le ricostruzioni rendono realistico che sia stato il Daily Mail (forse raccogliendola da una screditata agenzia britannica), tabloid britannico famigerato, a dare per primo grande spazio alla versione che la ragazza fosse stata “legally euthanized” (quell’articolo rimane oggi online, non toccato: intanto il Daily Mail ne ha pubblicato con disinvoltura un altro mercoledì sera che lo contraddice parlando di “initial reports she had been legally euthanized”). Malgrado in Olanda nessuna fonte dicesse questo, la versione del Daily Mail è stata ripresa immediatamente dal Times e soprattutto da tutti i maggiori siti di news in Italia: che usano il Daily Mail come fonte dandogli la stessa credibilità che danno al New York Times, e probabilmente leggendolo con maggiore frequenza. Per la semplice ragione che il Daily Mail è un pusher quotidiano di quei contenuti e quelle notizie a cui i quotidiani italiani danno priorità: assurdi, paurosi, divisivi. Veri o no che siano.È anche interessante vedere cosa è successo dopo: mercoledì mattina i siti di news di mezzo mondo, imbeccati dal Daily Mail ma evidentemente anche dal grande spazio sulle tante prime pagine italiane, hanno cominciato a riprendere tal quale la notizia dell’eutanasia legale. A quel punto è stato interessante verificare cosa stessero facendo i pochi siti di news internazionali a cui si può ancora attribuire un’attenzione alla verifica delle notizie.
– il Washington Post aveva corretto un primo articolo sulla morte della ragazza, rendendolo prudente e in cui non parlava di eutanasia– il New York Times non aveva pubblicato niente
– Le Monde non aveva pubblicato niente
– il Guardian non aveva pubblicato niente: sarebbe uscito nel pomeriggio un articolo che smentiva l’eutanasia, e soprattutto che metteva in rilievo il ruolo dei media italiani nel diffondere la notizia.
La seconda cosa da mettere per iscritto è la diabolica alleanza tra i quotidiani mentitori per faziosità politica e ideologica e i quotidiani mentitori per cultura della sciatteria, della non verifica e del sensazionalismo. Alcuni titoli dalle prime pagine di ieri:
Noa, l’eutanasia a diciassette anni dopo la violenza
Depressa dopo uno stupro, ha voluto l’eutanasia a 17 anni
Un caso scuote l’Olanda – Noa, eutanasia a 17 anni
Olanda, suicidio di stato a 17 anni
Orrore in Olanda, eutanasia per Noa
Ragazza di 17 anni ottiene l’eutanasia perché è depressa
Giornale, Repubblica, Stampa, Verità, Fatto: li distinguete? No, la falsificazione è stata ritenuta utile sia da chi ha un’agenda contro il tema del “fine vita” (e in generale contro i modelli progressisti nordeuropei) sia da chi sosterrebbe senz’altro di non averla o di averla opposta. A dimostrazione che non è la faziosità politica – esistente eccome – il problema maggiore e comune dell’informazione italiana, ma una cultura dell’inaccuratezza e della falsificazione che la precede e prescinde da quella.
Infine, un’ultima cosa. Ieri sera un amico mi ha scritto un messaggio che immaginava come si sarebbero scusati oggi i quotidiani maggiori, quelli presunti “seri”. Mi ha fatto ridere la sua ingenuità e poi mi sono vergognato del mio cinismo e del mio disincanto: e quindi ho pensato che magari invece sì, si sarebbero scusati e corretti. Lo dico aggiungendo che io credo che la richiesta di scuse in questi e altri casi sia un’altra parte del problema culturale italiano, quello che ritiene gli sbagli, i fallimenti, i crimini, un’offesa personale resa a ciascuno di noi, e che ciascuno di noi debba giudicare per quello che gli ha fatto, a lui, ottenendo delle scuse. Invece che un problema da risolvere e che riguarda una comunità, un paese, un corretto funzionamento delle cose, un’idea di bene. E chi se ne frega delle “scuse”: non lo fate più, e basta. Invece siamo gente che vuole soddisfazione attraverso scuse e carcere, punizioni, invece che correzioni e miglioramenti delle cose. E quindi piuttosto che chiedere e costruire cambiamenti nei sistemi che generano quegli errori, chiediamo scuse. Un’Ave Maria.
Ma a parte questo, scusate la digressione, mi sono detto “vediamo come la trattano domani, i quotidiani seri“. E la trattano così: uno trova il modo di usare ancora la parola “eutanasia” nei titoli di prima pagina; un altro mette in prima pagina un pensoso commento il cui incipit suona “la sostanza però non cambia”, e all’interno un’intervista a Marco Cappato (tra i primi smentitori della bufala, ieri) in cui il giornale chiede a lui, a Cappato, perché si è parlato di eutanasia?
Un terzo ha in prima pagina un commento sulla morte assistita, ma all’interno ospita anche un colonnino in cui riesce a dire che “in realtà Noa ha scelto di andarsene lasciandosi morire”, rispetto all’uso del termine eutanasia fatto il giorno prima. Colonnino marginale e un po’ fischiettante, ma encomiabile, a guardarsi in giro.
Intanto, grazie a tutto questo, era intervenuto il Papa, per dire che “l’eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta per tutti” a cui “la risposta è non arrendersi”. E intanto, grazie a tutto questo, milioni di italiani si sono sentiti raccontare per due giorni da tv, giornali e siti che quando l’eutanasia viene autorizzata e regolata poi succede che a una ragazzina depressa venga permesso di uccidersi, col concorso dello Stato e della Sanità pubblica. Milioni di italiani, noi, che poi votano, in base alle opinioni che si sono fatte.