il Giornale, 6 giugno 2019
Io, prigioniero di Luì e Sofì
Dieci bambini felici stanno per varcare un cancello verso la felicità, io sono in fila dietro a loro con mia figlia ma vengo bloccato da un bodyguard, non ho il braccialetto nero. «Prego?». «Andate via, possono passare solo quelli con il braccialetto nero». Io e mia figlia Nina Lu, come gli altri tremila bambini e genitori, abbiamo solo un braccialetto arancione con un numero. Io sono il numero 1773, lei il 1776. Mia figlia scoppia a piangere, «perché noi no? Fai qualcosa ti prego». No, non siamo a Auschwitz, siamo a Zoomarine. Anzi Nazimarine. Ma facciamo un passo indietro per raccontarvi questo incubo.
I principali colpevoli sono due, si chiamano Sofì e Luì, e se avete dei bambini di sei o sette anni saprete chi sono. Due youtuber che ormai odio con tutto me stesso ma di cui eviterò di dirvi cosa penso, sia perché li odio più di prima, dopo quello che mi hanno fatto, sia perché siccome li ama mia figlia mi sono sforzato di farmeli piacere, sia perché hanno fatto piangere mia figlia e altri migliaia di bambini innocenti. Loro, o Nazimarine, ha poca importanza.
Ma chi sono Sofì e Luì? Magari chi legge non lo sa. Magari è fortunato e se non continua a leggere non lo saprà mai. Sono due ventenni siciliani fidanzati, sono come due animatori per bambini, ma grazie a Youtube sono il fenomeno del momento, e l’incubo dei genitori, milioni di mamme e papà se li sognano anche di notte. Il loro canale si chiama Mecontrote, i loro fan Team Trote, perché molti anziché leggere Me contro Te leggevano Me con Trote.
Insomma, per farvela breve noi trote siamo in fila a Zoomarine, fritte dal sole, e tra genitori ci scambiamo sguardi di solidarietà, rassegnati. Appena uno sbuffa ce n’è un altro che sospira. E comunque io ho sopportato tutto, perché amo mia figlia sopra ogni altra cosa. Io mi sono sforzato di farmeli diventare simpatici. Io che non sono mai andato neppure a un concerto, neppure di Vasco Rossi, su cui ho scritto il mio ultimo romanzo, perché odio stare tra la gente, per le due trote ho fatto un’eccezione, sono diventato una trota anche io.
Mi sono convinto che sono bravi, perché chi ha successo è bravo (non è vero, ma non ho altri motivi per autoconvincermi). Ho represso la rabbia di scrittore che ha dedicato tutta la vita alle sue opere rinunciando a vivere, quando le due trote pubblicano un libro e vendono sessantamila copie in un mese. Mi sono detto che sono comunque meglio di quelli del Premio Strega, o dei cantanti trap idioti che ascoltano i ventenni, in fondo non fanno niente di male. Divertono i bambini, e soprattutto divertono Nina Lu, e quindi va bene.
Ho visto decine dei loro video perché mia figlia li adora, e ho riso con lei, all’inizio per finta, alla fine divertendomi anche io, per empatia, perché se lei è felice sono felice pure io. E quindi le ho comprato i biglietti per lo spettacolo di Nazimarine, prima che andassero in soldout.
Una volta conquistato il posto sugli spalti non arrivavano mai, mentre un presentatore muscoloso alimentava l’aspettativa: «Sono in macchina», «Stanno per arrivare», «Eccoli sono quasi qui», e a ogni annuncio urla di eccitazione, sembrava stesse per arrivare Michael Jackson uscito dalla tomba. E ognuno con il suo cartoncino, azzurro da una parte, rosa dall’altra, e il presentatore «Quando vi chiederò di votare, per Luì alzate il lato azzurro, per Sofì quello rosa. Facciamo una prova», e ce lo fa ripetere cinquanta volte, come fossimo imbecilli, quando perfino i bambini dopo la seconda volta commentavano «Abbiamo capito, eh». E io su e giù con il cartoncino azzurro, perché mia figlia era per Luì e così raddoppiavo il suo voto. Cosa non si fa per amore? Tutto. Anche Sofì e Luì.
E mai avrei creduto non solo di stare lì a fare la trota per tre ore, ma neppure, a spettacolo finito, di diventare la tipica figura dell’italiano furbo e corruttore, e offrire cinquanta euro a quelli della security del Quarto Reich per farci passare. Per avere il braccialetto nero. Quello che ti porta vicino a Sofì e Luì, a poterli toccare, a farti un selfie con loro. D’altra parte Matteo Salvini non nega un selfie a nessuno, chi sono questi per negarlo ai bambini? O con tutti o con nessuno. Sono salito a cento, a centocinquanta euro, dicono sempre che tutto ha un prezzo, ma a Nazimarine no. Se fossi stato Bill Gates mi sarei comprato Zoomarine e avrei costretto Sofì e Luì a stare con tutti i bambini d’Italia infelici di non poter stare con Sofì e Luì. Avrei strappato il microfono al tipo muscoloso, mi sarei rivolto a tutte le migliaia di genitori e avrei detto: «Tranquilli, vi salvo io, Sofì e Luì per tutti». Ma alla fine è arrivato un bodyguard perché ho cominciato a urlare e dirgli che erano dei nazisti e a citare passi di Anna Frank e Primo Levi, e ci hanno allontanato con la forza, deportandoci fuori.
E ora cosa dico a mia figlia? Come le spiego il mio fallimento? Cari Sofì e Luì, adesso vi dico una cosa: siete bravi, siete simpatici, siete anche molto carini, siete intelligenti, siete abili a recitare, siete strepitosi a cantare le vostre canzoncine belline, ma vi giuro che se non venite subito a casa mia, vengo io dentro casa vostra con un carrarmato. Perché io e mia figlia abbiamo ancora un numero sul polso, non ce lo siamo tolti, per non dimenticare. Perché ora e sempre resistenza. Perché io sono un papà e sono anche un uomo. Se questo è un uomo.