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 2019  giugno 06 Giovedì calendario

Lotito, amico di tutti

Il magistrato Luca Palamara, i consiglieri del Csm, il tessitore di trame renziane Luca Lotti, l’ex giudice e parlamentare Pd Cosimo Maria Ferri. E in incontri di questo tipo pure Claudio Lotito. Cosa ci faceva il presidente della Lazio nei pressi di riunioni carbonare tra magistrati interessati al futuro della Procura di Roma? Strani giri di potere, magari regali di biglietti per lo stadio come quello con cui il giudice Luigi Spina (indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto a Perugia, costretto a dimettersi dal Csm) sarebbe entrato all’Olimpico per la finale di Coppa Italia, vinta dalla Lazio il 15 maggio scorso. Di sicuro, anche se i togati smentiscono di averlo incontrato (e di aver chiesto ingressi omaggio), Lotito ha amicizie influenti. Parla di tutto e di tutto si interessa.
A coinvolgerlo, secondo le indagini di Perugia riferite dai giornali, sarebbe stato Palamara, peraltro romanista. Il pm romano indagato per corruzione non è l’unica vecchia conoscenza di Lotito in quell’ambiente. Il patron della Lazio conosce senz’altro Ferri, oggi onorevole dem ma già leader di Magistratura indipendente (conservatori) e in passato membro della commissione vertenze economiche della Federcalcio. I due sono finiti insieme nelle carte di Calciopoli e dovevano essere vicini se – come si legge in un’informativa dei carabinieri – l’ex presidente Figc Mazzini si rivolgeva a Ferri per parlare con Lotito «per la questione del maggiore interesse, ovvero quella del favore arbitrale». Acqua passata (Ferri non fu giudicato dalla giustizia sportiva: si dimise poco dopo il deferimento; Lotito se la cavò con una piccola squalifica), i rapporti magari no.
Sembra di vederlo, in quelle stanze d’albergo romane. Inesauribile fino a notte fonda, straripante, circondato dalla scorta. Ne ha fatta di strada da quando “giovane e di bella presenza” – come scriveva il Messaggero di allora – veniva arrestato con la pistola nella fondina e il telefonino al seguito per un’inchiesta sugli appalti delle pulizie alla Regione Lazio: finì assolto. Quasi trent’anni dopo la pistola è sparita, i telefonini si sono moltiplicati: almeno tre o quattro, sempre accesi, rigorosamente Anni 90 per uno strano gusto vintage e a prova di trojan. Dopo Andrea Agnelli è il secondo presidente più vincente del calcio italiano degli ultimi dieci anni, con la sua Lazio raccattata dalla macerie anche grazie a una maxi-rateizzazione del debito fiscale.
Una ne fa e cento ne pensa, ha sempre qualcuno a cui rivolgersi e magari un biglietto da regalare. Tanti uomini di legge, non solo per la sua passione per il latino. In Federcalcio (dove continua a brigare, tra elezioni e sentenze) i suoi buoni rapporti con i giudici sportivi sono noti, tanto che la Figc vorrebbe azzerare il sistema perché «serve aria nuova». Magari ha solo fatto il salto dai giudici sportivi a quelli ordinari. Dall’altro lato della barricata, uno stuolo di avvocati. Anche famosi. Anche condannati, come Cesare Previti, laziale doc, che anni fa si permetteva di sgridarlo perché il figlio giocava poco nelle giovanili. E poi i rapporti con Forza Italia, l’ex ministro Claudio Scajola e Adriano Galliani, l’ex assessore regionale (con qualche precedente) Giulio Gargano oggi tuttofare di Lotito, i tentativi (l’ultimo sfumato di un nulla alle Politiche) di farsi eleggere dal centrodestra in Parlamento, dove comunque si aggira per seguire i provvedimenti che gli stanno a cuore. Quando non riesce a entrare nella stanza dei bottoni, sfonda la porta. Coinvolto in mille scandali, ne esce sempre pulito. L’inchiesta su Infront e i diritti tv, le accuse di evasione fiscale, persino la “Multopoli” romana. «Un equivoco», giura. Lotito è ovunque.