ItaliaOggi, 6 giugno 2019
Perdono anche i giornali tedeschi
La Germania rimane il più grande mercato per la stampa in Europa. Fino a ieri, un’oasi felice per la lettura. Ma la perdita dei quotidiani è continua negli ultimi dieci anni, lenta e inarrestabile. Ogni giorno si vendono 14 milioni e 700 mila copie, e i sette quotidiani nazionali arrivano a un milione di copie complessive. I quotidiani locali sono 312, la base della stampa in Germania, con 10 milioni di copie. Il resto lo vendono i cosiddetti Boulevard zeitungen, i giornali popolari come la Bild Zeitung. I 21 settimanali arrivano a 17 milioni di copie. I giornalisti sono 41.250, ma non esiste un ordine come in Italia. I free lance sono 9.600. Una situazione invidiabile per gli altri paesi europei, ma in Germania si è preoccupati.Appena ieri andava molto meglio. La Bild con un milione e 490 mila copie giornaliere resta il quotidiano più venduto in Europa. Ma ha perso a partire dal 1998 il 66%, cioè due milioni e 923 mila copie. Il primo numero uscì nel giugno del 1952 con circa mezzo milione di copie. Si compra andando al lavoro al mattino, in vendita ovunque, anche da distributori automatici per strada. E si butta appena letto. I suoi lettori tipici non si abbonano, né sono abituati a leggerlo online, anche se la Springer ha adottato un sistema complicato per abbinare l’edizione online con quella cartacea.
L’altro quotidiano del gruppo Springer, il più serio Die Welt, appare nel 1946, prima ancora della nascita della Repubblica federale. Oggi arriva a 155 mila copie, il 43% in abbonamento, ma in vent’anni ha perso 95 mila copie, pari al 38%. La Frankfurter Allgemeine Zeitung è il più autorevole quotidiano nazionale insieme con la Süddeutsche Zeitung. Appartiene a una fondazione ed è diretto da tre direttori, in passato da cinque, che si spartiscono i settori di competenza, altro caso unico. Ha una rete di 41 corrispondenti all’estero, di cui due a Roma, più di ogni altro quotidiano al mondo. Sempre rispetto al 1998, ha perso il 41%, scendendo da circa 400 mila copie a 235 mila, con 760 mila lettori. Meno della rivale di Monaco, la Süddeutsche Zeitung, che arriva a un milione e 250 mila lettori. Vende 345 mila copie, ma vent’anni fa sfiorava il mezzo milione. Era sceso nel 2009 a 410 mila: con una campagna intensa, condotta tra i giovani, riuscì a risalire fino a 450 mila, ma non ha retto, anche se può contare su 250 mila abbonati. I tre quotidiani nazionali più la Bild hanno perso in totale più di quanto si venda in Italia ogni giorno.
Tra i settimanali, abbiamo parlato spesso del caso Spiegel. Vendeva un milione e 100 mila copie, ma ha perso lettori e pubblicità. Si era attestato sulle 800 mila copie considerato il minimo vitale, ma la media oggi si aggira sulle 730 mila, con numeri che di frequente scendono sotto le 700 mila, una buona metà in abbonamento, di cui 82 mila online. Il rivale di Monaco, Focus, apparso nel 1992 come la risposta meridionale al nordico Spiegel, ha perso quasi la metà delle vendite, 413 mila copie, meno 360 mila, con il 42% di abbonati. Stern vendeva un milione e mezzo di copie fino alla pubblicazione dei falsi diari di Hitler nel 1983, perse di colpo mezzo milione di copie, e non è più riuscito a recuperale. Oggi vende 480 mila copie, il 56% in meno rispetto a vent’anni fa.
L’unico settimanale in controtendenza è Die Zeit, diretto da Giovanni di Lorenzo, italiano con doppio passaporto. Vende 508 mila copie, l’11% in più rispetto a vent’anni fa, pari a circa 50 mila copie, quasi il 70% in abbonamento. E, paradossalmente, mentre i rivali si affannano a tentare nuove formule e a cambiare look, è rimasto attaccato alla tradizione: esce su carta non patinata nel formato del nostro vecchio Espresso. Ma cura il prodotto, cioè gli articoli, lunghi, informati, che spiegano i fatti più che cercare scoop sempre più improbabili oggi che le notizie vengono subito bruciate sul web