La Stampa, 6 giugno 2019
I tre fratelli preti nello stesso giorno
Da qualche parte, tra le pagine del breviario di casa, c’è ancora la preghiera che mamma Agnese, insegnante elementare in pensione, recitava ogni giorno all’insaputa dei suoi cinque ragazzi: «Signore, prendi uno dei miei figli come prete». «La nostra è una famiglia fervente, ma che mamma pregasse per questo scopo l’abbiamo scoperto solo dopo essere entrati in seminario: così il Signore per esaudirla se n’è presi tre», ride Carmine De Angelis. Il 28 giugno sarà ordinato sacerdote nella cattedrale di Salerno dall’arcivescovo Luigi Moretti assieme al gemello Ferdinando, 30 anni, e al fratello maggiore Roberto, 34 anni. Con loro si prostreranno davanti all’altare altri undici giovani tra i 25 e i 42 anni, tutti appartenenti alla diocesi: un record al tempo della crescente crisi delle vocazioni.
Della leva del 2012, cresciuta spiritualmente per 7 anni nel seminario metropolitano “Giovanni Paolo II” sotto la guida dal rettore don Gerardo Albano, sei vengono dallo stesso paese, Bracigliano, comune con meno di seimila abitanti addossato alla collina. «Nel 2010 tutto il paese iniziò l’adorazione eucaristica perpetua con una speciale intenzione per le vocazioni – spiegano i gemelli – quindi non è un caso che ci sia stato questo exploit. E il parroco, don Emmanuel Vivo, ci ha dato una immagine bella del sacerdozio. Come dice papa Benedetto, il cristianesimo funziona per attrazione». Se nessuno in casa sapeva delle invocazioni di mamma, i fratelli non s’erano confidati nemmeno tra loro. A rompere il silenzio fu Roberto che, mentre si preparava alla laurea magistrale in Lingue a Napoli, entrava nelle chiese attratto dalla magnificenza delle opere d’arte e si ritrovava a pregare. Nel 2010 inizia così gli studi di filosofia, che preludono a quelli teologici, senza immaginare che l’anno dopo lo seguiranno entrambi i gemelli, studenti di informatica all’università. Racconta ancora Carmine: «Di Roberto e Ferdinando mamma lo immaginava. Di me, il più scavezzacollo, no. Mi disse: “Ma pure tu, e che c’azzecchi?”. Ha guardato mio fratello Luca gli ha detto: “Questi si fanno tutti preti”, ma era felice. Come mio padre Giovanni».
Il 30 giugno Bracigliano sarà in festa per i fratelli De Angelis, ma anche per Alfonso Basile, Raffaele Mazzocca e per Giovanni Galluzzo, 34 anni, la cui vocazione sconvolse un amico: «Non dormì per due notti, non ci credeva. Io ero già impiegato in una ditta, andavo in giro, mi divertivo. E però anche quando rientravo alle 5 del mattino dalla discoteca, alle nove e mezza ero già a messa». A tre settimane dall’ordinazione, questi “ragazzi normali” che in sette anni hanno litigato e si sono fatti scherzi da caserma, diventando l’uno la forza dell’altro, sanno di aver fatto una scelta controcorrente, come conferma la domanda che amici e parenti ripetono: «Siete sicuri?».«La paura nasce dalla non conoscenza, il seminario ti aiuta a capire se questa è la tua strada» osserva Emmanuel Intartaglia, 32 anni. «Ci vuole coraggio per dire sì a questa chiamata e oggi è difficile per i giovani prendere decisioni coraggiose» aggiunge Agostino D’Elia, 28 anni, che ha l’aria più mite e invece (e non è l’unico) ha un passato da militare: dopo il primo anno, al bivio tra il fucile e la croce ha scelto la croce.
Nel grande parco ombreggiato da palme e ulivi, tutti si sono ritrovati più volte davanti al cancello a sognare la fuga. Umberto D’Incecco, 40 anni, ex studente di ingegneria chimica, conferma: «Volevo scappare già la prima settimana. La vocazione è mettere in discussione se stessi e se sei già adulto è più difficile scardinare le proprie sovrastrutture». Il rettore lo guarda e sorride: «Dico sempre che la porta per entrare qui è stretta, ma per uscire ne trovi tante: la cosa più bella è la libertà». Giuseppe Roca, 32 anni, ingegnere elettronico, lo sa: stava per firmare un contratto con una azienda importante, ma nella sua personale “ricerca della felicità” ha scelto «di passare dal mondo dei numeri a quello della filosofia». «Bisogna capire che la vocazione è pienezza di vita: questo vogliamo trasmettere» sottolinea Antonio Del Mese, 25 anni. Bartolomeo De Filippis, 25 anni anche lui, annuisce. «Dopo il liceo artistico avevo superato i test per entrare al Politecnico di Milano. Ero il classico ragazzo con l’orecchino – scherza – facevo teatro, vincevo concorsi. Ero fidanzato, ma dopo due anni ho capito che non riuscivo ad amare una sola persona, che volevo rivolgere quelle attenzioni al coro, ai bambini, alla comunità. Per un po’ i talenti artistici che avevo sono stati messi da parte, poi sono riemersi». Oggi progetta elementi liturgici, e forse riprenderà a studiare Architettura.