Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  giugno 05 Mercoledì calendario

La Cgil perde iscritti

Grande esodo dalla Cgil. Oltre 400mila lavoratori hanno rinunciato al tesseramento nel 2018. L’eredità (pesante), di Susanna Camusso a Maurizio Landini si può pesare considerando tutti quelli che negli ultimi tempi hanno disdetto l’iscrizione o non l’hanno rinnovata. C’è da dire che la disaffezione dal sindacato non è cosa di oggi. Sono anni – in particolare da quando la crisi del 2008 è cominciata – che i sindacati soffrono la fuga, o la latitanza, di nuovi e vecchi iscritti. Tanto che a pesare nei bilanci (con le quote) e nella rappresentanza sono sempre più i pensionati rispetto ai lavoratori attivi. Certo la crisi occupazionale ha influito. Persi centinaia di migliaia di posti di lavoro (basti pensare all’edilizia: 800mila addetti a spasso dal 2007 in poi), difficilmente chi sta senza impiego resta iscritto al sindacato. Sta di fatto che nel 2018 (gestione Camusso), gli iscritti alla Cgil nazionale sono diminuiti da 5,5, a 5,1 milioni. A raccontare lo stato dell’arte è l’associazione regionale dell’Emilia-Romagna, dopo quella della Lombardia la più “pesante” per associati di tutta Italia. Le prime indicazioni provvisorie sui numeri degli iscritti (in attesa di certificazione finale), cristallizzano la situazione del sindacato oggi guidato da Landini, ex focoso segretario della Fiom (i metalmeccanici). grande fuga Stando ad un’indagine Demoskopika del 2017 la Cgil aveva chiuso i tesseramenti con 5.518.774 iscritti. Dunque, tirando una riga, il calo rispetto ai 5.131.230 del 2018 sarebbe di poco meno di 400mila lavoratori. Un esodo frutto – probabilmente – non solo della crisi economica e della disoccupazione ma anche di una preoccupante disaffezione verso la parte politica di riferimento, il centro sinistra. All’epoca al governo c’era ancora Gentiloni, erede scomodo della gestione Renzi, ideatore e attuatore del Jobs Act e in pieno contrasto con la Cgil. Il calo di appeal del sindacato è dovuto anche alle troppe battaglie politiche, evidentemente poco gradite alla base, dalle campagne a favore dell’immigrazione alle mobilitazioni nel nome dell’antifascismo. Scelte che poco hanno a che fare con il lavoro e i lavoratori e che hanno influito sui mancati rinnovi. La Cgil, comunque, è ancora un discreto esercito: la Lombardia nel 2018 aveva 841.753 tesserati, davanti all’Emilia-Romagna (763.654) e seguita a ruota dalla Toscana (491.251). Il calo di iscritti non è dato soltanto dalle cancellazioni e dalle non iscrizioni. Infatti «dal 2017», spiega la Cgil bolognese, «si è deciso di modificare le modalità di registrazione». Insomma, gli iscritti vengono ora individuati direttamente dal codice fiscale e quindi sono scomparse le duplicazioni (lavoratori e pensionati). Una “pulizia” degli archivi che ha eliminato i casi di doppio tesseramento (causa pensionamento o cambio di categoria sindacale). pensionati Se è vero che su base nazionale si è registrato un modesto incremento dei giovani (6.000), lo zoccolo duro dei pensionati (circa 3 milioni) comincia a diminuire. Gli iscritti allo Spi sono calati del 2% (-394.598). Per «effetto dell’età pensionabile», ma anche per un disamoramento evidente. Resta il fatto che nel sindacato di Landini i capelli bianchi rappresentano ancora il 51,7% del totale. Se i pensionati non rinnovano più, neppure quelli in età lavorativa sembrano così attratti: e infatti i lavoratori iscritti in Emilia-Romagna erano a fine dicembre scorso 369.056, ovvero lo 0,67% in meno rispetto al 2017. C’è da tenere d’occhio poi i cambiamenti degli iscritti al sindacato nazionale, nel dettaglio giovani sotto i 35 anni e stranieri, che rappresentano ormai quasi il 12% degli iscritti alla Cgil. Gli under 35 sono un po’ aumentati (72.322), ma gli iscritti di origine non italiana – complice le battaglie di Camusso per intercettare nuovi bacini – sono oltre 90mila, e provengono per circa un quarto da Paesi Ue e per il resto da Stati extra Ue. Impiegati nell’agroindustria, nei trasporti, nella logistica e nel precariato diffuso.