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 2019  giugno 05 Mercoledì calendario

Cari magistrati, avvertiteci quando avete finito

La tentazione di dire soltanto «avvertiteci quando avete finito» ha una sua ragion d’essere, perché lo scandalo romano delle toghe sporche, in definitiva, è solo una guerra di nomine interne alla magistratura che verranno comunque decise dalla magistratura, la quale renderà conto soltanto a se stessa – fuori da banali giochi democratici – perché i giudici rendono conto soltanto alla legge: anche se la stanno palesemente usando uno contro l’altro. Si fatica pure a capire, ogni giorno, quale sia la notizia in questa confusa partita a porte chiuse, che, nel dettaglio: 1) interessa solo gli addetti ai lavori (giornalisti compresi, ma pochi); 2) può solo lasciare sconcertata la magistratura non troppo politicizzata, al di là di ogni profilo penale; 3) lascia perfettamente indifferenti i cosiddetti cittadini, che, arresi in partenza all’ultracasta togata (carriera automatica, orario evanescente, ferie smisurate, impunità e inamovibilità uniche al mondo) continuano a sapere solo una cosa: che la giustizia, quella che può riguardarli, mediamente funziona male. Ergo, non sappiamo se si stracceranno le vesti alla notizia – di ieri – che altri due consiglieri del Consiglio superiore della magistratura, Gianluigi Morlini e Paolo Criscuoli, si sono «autosospesi» (formula all’italiana per non dimettersi) come avevano già fatto i colleghi Corrado Cartoni e Antonio Lepre. Precisare che i primi tre sono della corrente Magistratura Indipendente, e l’ultimo della corrente Unità per la Costituzione, non sappiamo quanto aiuti a capire. Tutti quanti hanno ammesso di aver partecipato ad alcuni incontri con dei politici per trattare varie nomine tra le quali spiccano quelle della procura di Roma. Ieri ha parlato il vicepresidente del Csm David Ermini, aprendo un plenum straordinario dedicato a questo scandalo interno alla magistratura, che ha detto un perfetto nulla in perfetto stile magistratese: «Gli eventi di questi giorni hanno inferto una ferita profonda alla magistratura e al Csm. Profonda e dolorosa… Siamo di fronte a un passaggio delicato: o sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi, o saremo perduti»». Bene, ma in definitiva lo scandalo qual è? In un riassunto impossibile, si parte da un inchiesta perugina sul magistrato Luca Palamara (ex Csm, ex associazione magistrati, capo correntizio di Unità per la Costituzione) accusato di aver accettato denaro e regalìe assieme a Fabrizio Centofanti (lobbista d’ambiente Pd) con il coinvolgimento degli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore. Gli ultimi tre erano anche indagati per compravendita di sentenze del Consiglio di Stato, mentre Palamara è appunto invischiato in faccende di hotel pagati, vacanze, anelli e soldi (40mila euro) che facilitassero svariate manovre per favorire alcune nomine e screditarne possibili altre: per esempio quella dei nuovi procuratori capo di Gela, di Perugia, di Trani e di Taranto. 

INCHIESTE PILOTATE
Altre accuse non da poco: aver cercato di pilotare alcune inchieste milanesi sull’Eni (tangenti in Algeria e Nigeria) e aver fatto vari esposti pretestuosi contro vari soggetti, compresi altri magistrati romani. L’indagine su Palamara poi si è allargata e ha tirato dentro il consigliere del Csm Luigi Spina e il pm romano Stefano Fava (rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento di Palamara) con quest’ultimo che aveva fatto un esposto contro il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone (ora in pensione) e contro il procuratore aggiunto Paolo Ielo, i quali avevano spedito a Perugia le carte dell’indagine poi partita contro Palamara. Un bel casino che si è riacceso quando i giornali hanno raccontato anche di incontri tra Palamara e Cosimo Ferri (deputato Pd, ex sottosegretario in vari governi, considerato renziano) anche alla presenza di Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi. Ma non è nell’inchiesta di Perugia che si parla di Cosimo Ferri e Luca Lotti: è solo su alcuni giornali, secondo simpatia. La stampa ci ha messo del suo – il solito Fatto Quotidiano – e ha scritto un intero articolo per raccontare che l’ex procuratore capo Giuseppe Pignatone era stato a cena con Luca Palamara e Fabrizio Centofanti: benché si trattasse – dettaglio – di cene istituzionali alla presenza anche del ministro della Difesa e del presidente della Corte dei Conti. C’è qualche indagato, per questo? No. Ma si è letto anche d’altro.

ALTRI VELENI
Da Perugia sono spuntate delle intercettazioni in cui il citato Luca Lotti, indagato nell’inchiesta Consip, si lamentava al telefono del vicepresidente del Csm David Ermini (quello che ha parlato ieri) il quale a suo dire non si era dimostrato «collaborativo». C’è qualche indagato, per questo? No. E si sa poco anche di una presunta e squallida vicenda che avrebbe visto un magistrato della Procura di Roma corrotto con una Smart (a Roma è tempo di saldi) comprata dal citato avvocato Piero Amara per aggiustare un processo. Ma chi ha raccontato questa storia? L’ha raccontata ai magistrati Perugini l’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, lo stesso che ha raccontato dei presunti 40mila euro destinati a Palamara. Ma Longo è anche uno che ha patteggiato cinque anni per corruzione in atti giudiziari con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Qui il più pulito, come si dice, fa il pm. Il vicepresidente del Csm David Ermini, come detto, ha parlato dei magistrati e del «discredito che si è abbattuto su di noi». Ma anche qui, esattamente come per le nomine, i magistrati fanno e hanno fatto tutto da soli.