Corriere della Sera, 5 giugno 2019
Breve storia della Fiorentina dei Della Valle
FIRENZE Faceva caldo, proprio come adesso. E allo stadio Franchi c’erano venticinquemila persone. Non era il giorno di una partita, ma il pomeriggio dello sbarco a Firenze di Mario Gomez, centravanti del Bayern Monaco e della Nazionale tedesca. Un top player con un ingaggio da 5 milioni. Estate 2013: la Fiorentina dei Della Valle stava entrando in un’altra dimensione, anche economica. Sembrava l’inizio di qualcosa di stupendo e invece è stato l’inizio della fine.
La Fiorentina non è riuscita a colmare il gap con i club ricchi e potenti e, oltre a non impreziosire la bacheca, ha rovinato i bilanci. Così è iniziata la fase dell’autofinanziamento e il progressivo distacco dalla città. Ieri si è chiusa di fatto l’era dei Della Valle, accolti dall’amore della gente nell’estate del 2002 dopo il fallimento di Cecchi Gori, la squadra precipitata in serie C2, la società costretta a cambiare nome (Florentia viola). Diciassette anni al timone, nessuno ha governato quanto loro. Anche 220 milioni investiti. Diego, all’inizio più di Andrea, ha ridato dignità alla Fiorentina: l’ha riportata in serie A e ha recuperato coppe e trofei, spariti con il fallimento. Sembrava una storia d’amore senza confini. Della Valle si è lanciato in questa avventura con fervore: grandi ambizioni e un’idea riformatrice del calcio. Ma in Lega non ha mai trovato sponde. Solo amarezze. Calciopoli è stato un colpo mortale, non ha spedito la Fiorentina in B, però ha cancellato la passione dell’azionista.
Oggi una parte di Firenze si sente liberata, ma tra qualche anno la storia renderà giustizia ai fratelli marchigiani. Non hanno vinto, ma hanno preso la squadra in C2 e l’hanno lasciata in serie A con un bilancio in ordine dopo aver giocato due semifinali di Europa League e una finale di Coppa Italia. Per cinque volte la Fiorentina è arrivata quarta in campionato. Con Prandelli e Corvino, il ciclo più felice, ha giocato due volte la Champions League, vincendo ad Anfield in casa degli attuali campioni d’Europa e volando fuori negli ottavi contro il Bayern Monaco per un macroscopico errore di Ovrebo.
Diego si è occupato della sua creatura i primi anni, Andrea lo ha fatto di più nella seconda parte. Entrambi il calcio lo hanno subìto più che vissuto. Dai grandi amori, al gelo assoluto con quasi tutti gli allenatori, Prandelli, Montella (con cui Ddv ha fatto pace e lo ha rivoluto in panchina), sino a Pioli. I Della Valle hanno una visione aziendale del calcio che un’azienda lo è, ma assai atipica.
A volte un gol o un palo cambiano il giudizio su una stagione, su un progetto, su una strategia. Passione e amore condizionano il giudizio. Diego e Andrea volevano andare avanti, provare a confermare Chiesa e a vincere la sfida. Ma non c’erano più le condizioni. Così, quasi all’improvviso, la decisione di farsi da parte. Può sembrare una resa, magari è un atto d’amore.