La Stampa, 5 giugno 2019
Dalle province la protesta contro Putin
In Russia l’economia non decolla e cresce il malcontento. Anche a danno della popolarità di Putin. Fino a non molto tempo fa le manifestazioni di massa si concentravano per lo più nelle grandi città, Mosca e San Pietroburgo in testa. Da alcuni mesi le proteste sono sempre più frequenti anche nella Russia profonda, nella provincia più colpita dalla stagnazione economica e dove le condizioni di vita sono peggiori.
Non si tratta di dimostrazioni prettamente anti-governative: nel mirino ci sono i servizi medici inadeguati, l’inquinamento da rifiuti, l’aumento dell’età pensionabile e persino la temuta distruzione di un piccolo parco. Le persone - spiega il politologo Gleb Pavlovsky - protestano «contro le azioni delle autorità che toccano direttamente le loro vite». Ma il passo verso la politicizzazione delle proteste può essere breve e, secondo due fonti vicine al Cremlino sentite dall’agenzia Bloomberg, a Mosca temono che di fronte alle crescenti difficoltà economiche, alcune fette della popolazione voltino le spalle al governo.
Due anni di recessione
Dopo due anni di recessione dovuti al crollo dei prezzi del petrolio e alle sanzioni occidentali per la crisi ucraina, la Russia ha ripreso a crescere. Ma a ritmi troppo bassi. Il Pil quest’anno dovrebbe salire dell’1%, i prezzi continuano però ad aumentare e i salari reali si riducono. Si è ormai esaurito il cosiddetto «effetto Crimea», che dopo l’occupazione russa della penisola nel 2014 aveva fatto toccare vette senza precedenti alla popolarità di Putin. Nel 2015, l’86% dei russi approvava l’operato del leader del Cremlino. Nel 2017, l’82%. Adesso, il 65%. Una quota sempre alta, ma che rivela un inequivocabile calo di consensi per Putin. Secondo un recente sondaggio, se si votasse oggi, solo il 48% degli elettori sceglierebbe Putin. Un brutto colpo per il capo di Stato russo, che poco più di un anno fa ha trionfato alle presidenziali col 77% dei voti.
È stata l’impopolare riforma delle pensioni varata la scorsa estate a infliggere una dura batosta alla fiducia dei russi in Putin. Il governo ha deciso di aumentare gradualmente l’età di pensionamento da 55 a 60 anni per le donne e da 60 a 65 per gli uomini. Ma la speranza di vita in Russia è di 77 anni per le donne e di appena 66 per gli uomini. Le proteste non si sono fatte attendere. La gente è scesa in piazza in 40 città e alle ultime regionali il partito di Putin Russia Unita ha perso importanti poltrone a vantaggio di comunisti e nazionalisti.
Da allora, le proteste nella provincia si sono moltiplicate. A Yekaterinburg a maggio migliaia di persone hanno protestato per giorni contro la ricostruzione di una cattedrale che avrebbe cancellato uno dei pochi spazi verdi della città. I dimostranti hanno dovuto affrontare non solo gli agenti, ma anche le violenze di un gruppo di atleti di un’accademia di lotta locale. Un centinaio di persone è finita nelle camionette della polizia, ma alla fine Putin ha ordinato di ascoltare gli abitanti di Yekaterinburg per scegliere il luogo in cui costruire la chiesa. Nella regione di Arkhangelsk e nella Repubblica dei Komi si protesta da mesi contro la realizzazione di un nuovo grande deposito di rifiuti per raccogliere milioni di tonnellate di immondizia che si teme possano inquinare aria, acqua e terreno. Anche i medici protestano: il loro stipendio è nell’ordine delle centinaia di euro e chiedono più soldi, ma anche di fermare la chiusura delle cliniche di campagna. Per raggiungere il loro scopo hanno creato l’Alleanza dei Dottori, un’organizzazione con cui collabora anche l’oppositore Aleksey Navalny.
L’opinione pubblica
Dietro tutto ciò c’è il malessere economico. Secondo una ricerca di febbraio, le maggiori preoccupazioni dei russi sono l’inflazione (62%) e l’aumento della povertà (44%). «Quel che avviene - ha spiegato la politologa Ekaterina Schulmann al New York Times - è naturale: il peggioramento dell’economia e la riduzione dei salari reali stanno irritando l’opinione pubblica».