Libero, 4 giugno 2019
I medici italiani sono i più stressati d’Europa
Serpeggia nelle corsie degli ospedali della penisola un nemico invisibile di cui nessuno, in particolare chi cade nelle sue grinfie, ha il coraggio di parlare. Si insinua in passaggi sterili, invade asfittici stanzini che non prendono aria per giorni, illuminati 24 ore su 24 dalla luce fredda e immobile dei neon che si riflette sul celeste pallido delle pareti, assiste all’andirivieni continuo dei pazienti, ai lutti, ai pianti, alle notti insonni, e poi attacca i camici bianchi, cogliendoli nell’attimo di sfinimento. Si tratta di quel profondo malessere interiore che colpisce ben 9 medici su 10 e che, semplificando, chiamiamo “stress da lavoro”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto ufficialmente il burnout (“esaurimento”, “crollo”) al pari di una vera e propria sindrome. A soffrire di tale malattia psicosociale sono pure coloro che, investiti del compito di prendersi cura degli altri, troppo spesso trascurano se stessi. Ossia i medici. In particolare quelli italiani, che risultano essere i più stressati del vecchio continente, con un livello di pressurizzazione al 43%, quasi doppio rispetto alla media europea che si attesta al 22%, secondo un’indagine effettuata dall’European General Practice Research Network in 12 Paesi europei. Il 90% dei nostri medici considera la propria professione particolarmente debilitante dal punto di vista psicologico. Del resto, combattere contro malattia e morte ogni dì, confrontarsi con la sofferenza dei malati e dei loro familiari, sentire sulle proprie spalle la responsabilità di queste esistenze, fare di tutto per fornire aiuto e sollievo per poi scontrarsi con il senso di fallimento allorché la battaglia è persa, non sono esperienze piacevoli. A ciò si aggiungono turni di lavoro massacranti, carichi di lavoro eccessivi anche a causa di carenza di personale (per il 34% dei medici il lavoro è troppo e alla lunga insostenibile) e burocratizzazione sfrenata (l’aumento delle incombenze amministrative è percepito in modo estremamente negativo da più del 59% dei dottori).
ESAURIMENTI NERVOSI
Altri fattori che producono esaurimento nervoso sono la paura costante (nonché la minaccia) di essere denunciati per qualche errore o inottemperanza, i problemi legali in cui talvolta si incappa e che, sebbene poi vengano risolti, danneggiano la reputazione, la competizione esasperata, il poco tempo libero da dedicare alla famiglia o agli amici, cosa che sovente conduce all’isolamento e alla solitudine. Questi sacrifici non sono compensati in modo adeguato dal ricavato economico che, quantunque elevato, risulta impari rispetto all’impegno e al tempo profusi, quindi poco soddisfacente. Si stima che negli Stati Uniti a causa di questo tipo di turbamento ogni anno si tolgano la vita 400 medici, oltre uno al giorno, e che se si svolge una professione sanitaria il rischio di suicidio raddoppia per gli uomini e quadruplica per le donne. I dati che riguardano la categoria medica in Italia sono così allarmanti che Consulcesi Club, realtà di riferimento per oltre 100mila medici, ha lanciato una campagna sui social network, “Burn out in corsia”, per raccogliere testimonianze personali e spingere i dottori ad aprirsi. La difficoltà principale è proprio squarciare quel velo di piombo che induce il personale medico a tenere nascosto tale disagio per il timore di essere giudicato, di apparire impreparato, nonché di subire ripercussioni che potrebbero inficiarne la carriera. Ecco allora che si mette da parte il proprio affaticamento, ignorandolo. Si innesca così un circolo vizioso in cui il medico che si occupa degli altri e non di se stesso finisce con il compromettere le proprie performance: come riporta il “Medical National Physician Burnout, Depression & Suicide Report 2019”, il 50% degli intervistati ha ammesso che il burnout influisce sul trattamento dei pazienti. Inoltre, codesto logorio aumenta per l’operatore la possibilità di incorrere in malattie cardiovascolari. Sarebbe utile l’applicazione della locuzione latina “medice, cura te ipsum”: medico, cura te stesso.
OLTRE 1.200 DENUNCE
L’inquietudine dei camici bianchi è acuita ora più che mai dalla generale perdita di prestigio che si è abbattuta su mestieri che fino a pochi lustri addietro suscitavano un rispetto quasi solenne, ormai divenuto evanescente. Proprio come gli insegnanti, i medici vengono spesso aggrediti e malmenati dai degenti o dai parenti di questi ultimi. Ogni anno sono oltre 1.200 le denunce ufficiali ricevute dall’Inail per violenze fisiche e verbali ai danni di operatori sanitari, sono circa 10 al giorno i casi registrati, più frequenti nel Mezzogiorno (72%). I più vessati sono i medici di pronto soccorso e guardia medica (80,2%), soprattutto di genere femminile (70%). Insomma, sembra proprio che andare in corsia sia come recarsi in trincea. Sperando di farcela.