ItaliaOggi, 4 giugno 2019
Periscopio
Farei mettere una tassa di un euro al minuto sulle telefonate con il cellulare: diminuirebbero sia il numero di stupidaggini che circolano, che gli incidenti stradali. Beppe Grillo, comico (Pasquale Elia). 7.Mi taglio barba e capelli da solo. Purtroppo temo che si veda. Ma non ho tempo da perdere col barbiere. Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia (Candida Morvillo). Corsera.
Gli United Colors sono tornati anche come stile di vita. In passato avevamo previsto e un pochino imposto il meticciato culturale, i seni neri e i bimbi bianchi, l’integrazione, la mescolanza di generi e culture. Luciano Benetton, industriale. Francesco Merlo la Repubblica.
Mio nonno impedì ai figli di parlare l’armeno perché temeva che i suoi figli provassero quello che aveva provato lui: angoscia, dolore, senso di colpa. Un suo fratello era stato decapitato. Poi, in età ormai avanzata, scelse me come la persona cui affidare la sua memoria. Antonia Arslan, autrice di La masseria delle allodole (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Per Federico Fellini ero «The King» perché ero dappertutto, anche sui delitti. Mi prendeva sempre per i fondelli. Mi chiedeva cose strane: quanto ci impiega la polizia ad arrivare, cosa fanno i feriti, se piangono: voleva tutti i particolari anche i più banali. Mi ha promesso una sacco di cose ma non ne ha mantenuta una. Però la mia fortuna è averlo incontrato. Mi chiamava Kinghetto. Rino Barillari, paparazzo (Massimo M. Veronese). Il Giornale.
Io sono a Piacenza a dirigere l’orchestra giovanile Cherubini per il desiderio di trasmettere qualcosa di ciò che ho imparato in cinquant’anni dai miei insegnanti e nella mia carriera. Non ho chissà quali segreti, ma indicazioni che i ragazzi non trovano nei libri. È una catena che parte da tanto lontano. Lei pensi che Antonino Votto, piacentino, era il primo grande assistente di Toscanini. E Toscanini, a sua volta, aveva suonato il violoncello sotto Verdi alla prima di Otello. Si fa presto a fare un legame. Votto, piacentino guarda caso, è stato mio insegnante. Da lui ho avuto indicazioni e segreti che amo trasmettere ai ragazzi. È la stessa ragione per cui ho creato l’Accademia dei direttori d’orchestra, che ora, per tre anni, è a Tokyo. Riccardo Muti (Pietro Visconti). Libertà.
Per me l’atletica è uno dei pochi sport, forse l’unico, in cui non si può fingere. Quello che sei, fai. L’atletica ti regala un senso di appartenenza quasi violento, esclude ogni forma di discriminazione. Oggi prevale l’aspetto economico, il conto in banca, il confronto tra i guadagni, l’invidia. Una volta già era tanto se ti pagavano il viaggio. Io correvo perché amavo correre. Non dicevo mai: se vengo, quanto mi date? Per oro e record del mondo mi dettero un 1 milione e 200 mila lire con cui mi comprai una Giulietta Sprint che di milioni ne costava 2. La 500 donata dalla Fiat? Non l’ho mai vista. Però con la 600 io e Gian Paolo Ormezzano viaggiammo da Roma a Torino inseguiti dalla polizia. Livio Berruti campione olimpico di Roma nel 1960. Enrico Sisti. la Repubblica.
La storia ci racconta che il ventenne Coppi, nel suo primo Giro d’Italia, quello del 1940, va e resiste, arriva al Pordoi e ha una crisi micidiale e lì subentra Bartali che gli si affianca, in montagna ha ripreso ad andare eccome, ma il ritardo rimane incolmabile e allora urla al ragazzo di non mollare, che se molla in quel momento cosa siamo tutti qui a fare e ricordare? Morale, Coppi vince il suo primo Giro, al primo colpo, arrivando all’Arena di Milano: pochi giorni dopo l’Italia entra in guerra e buonanotte, per un bel po’. Gianni Mura. il venerdì.
Non ero nato per il cinema, all’inizio ci sono arrivato per il mio fisico. Da Visconti e Clément ho imparato tutto e l’ho messo a frutto nei miei film da regista e produttore. La mia scuola è stata italiana. Ho vissuto tanto a Roma, un giorno Dalida mi disse: «Se vuoi andare avanti con la tua carriera bisogna che ritorni in Francia». Ma tutto è cominciato nel vostro paese. Alain Delon, attore francese, Arianna Finos. la Repubblica.
Monica Cirinnà proviene da ambiente cattolicissimo, a cominciare dalla mamma, pia discendente di famiglia nobile decaduta. Frequentò elementari e medie dalle suore, sempre però più ribelle. Finché, riuscì a farsi trasferire in un Liceo statale, il Tacito, a ridosso della Città Leonina. Si unì ai moti studenteschi, illustrandosi in occupazioni e disordini vari, senza mai strafare. Giunse così tranquillamente alla laurea in Legge, facendo anche a lungo l’assistente di Franco Cordero, suo docente di procedura penale. Finita la fase secchiona, cominciò quella politica con l’elezione in consiglio comunale. Vi restò 20 anni. Giancarlo Perna, saggista politico. LaVerità.
Sulla Triennale di Milano che ha un indirizzo da panettone (viale Alemagna) oggi regna Stefano Boeri, il Jack Lang della Macroregione, l’archistar del bosco verticale, il suo capolavoro identitario, quello dove «viveva la Ferragni», come ormai ti dicono i tassisti a Milano (ella ormai risiede a Citylife). Della biografia boeriana si è già scritto, Kennedy del compasso d’oro (e la mamma, la mitologica Cini, è in questi giorni testimonial di una serie naturalmente «iconica» per Prada). Michele Masneri. Il Foglio.
Tra i conduttori tv da tenere d’occhio ne ricordo due. Una è Andrea Delogu che mi piace molto perché è moderna e diversa. L’altro è Alessandro Cattelan, anche se è un po’ troppo fighetto, deve sporcarsi un po’ di sugo. Antonella Clerici, conduttrice tv (Renato Franco). Corsera.
Ho avuto di più nella vita dalla buonanima di mia madre Adele, che mi ha insegnato sin da piccolo a credere nel bene, a perdonare, a dare una mano a chi è in difficoltà. Ho avuto un’infanzia povera nei campi del Veneziano. Portavo i fiori alla Madonna, ripetevo all’infinito la giaculatoria «Gesù e Maria ve vogio tanto ben» insegnatami da mia nonna Teresina, cadevo in estasi. Durante una di queste trance, vidi una donna che affogava con due bambine in un canale. La sera ne parlai in casa. L’indomani fu trovata una mamma annegata con le figliolette: s’era suicidata. Bruno Zanin, attore in Amarcord di Federico Fellini, Stefano Lorenzetto, scrittore. Corsera.
Questi shlemiel sono ogni cosa in una volta sola: futuristi, dadaisti e per giunta comunisti. Non alzano un dito per lavorare ma cercano di salvare il proletariato. Si danno anche un gran daffare per essere originali, ma si ripetono, tra l’altro come pappagalli. Isaac Singer, Anime perdute. Longanesi, 1994.
C’è calcolo anche nel disinteresse. Roberto Gervaso. Il Messaggero.