Il Messaggero, 4 giugno 2019
Uguaglianza uomo-donna: nel 2030 nessun Paese in regola
Nessun paese al mondo sta «facendo abbastanza per eliminare la disparità di genere». A sostenerlo è il nuovo indice sul gender gap presentato ieri dalla Equal Measures 2030, un’organizzazione internazionale fondata da privati che monitora lo stato dell’uguaglianza tra uomini e donne in tutto il globo. L’Sdg Gender Index ha rilevato come nei 129 paesi oggetto della ricerca (in cui vivono il 95% di tutte le donne del mondo), nessuno abbia già raggiunto né presumibilmente riuscirà a farlo, la promessa di eliminare la disparità di genere presente all’interno dell’Agenda 2030. Vale a dire all’interno del «programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità» sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei Paesi membri dell’Onu. Un’analisi desolante che riguarda tutti. L’Sdg ha infatti evidenziato come nemmeno i paesi dell’Europa del Nord, i più alti in classifica, si stiano impegnando a sufficienza. Per questo Melinda Gates, co-presidente insieme al marito Bill della Gates Foundation, una dei principali finanziatori di Equal Measures 2030, ha commentato il rapporto sostenendo che «dovrebbe servire come sveglia per il mondo».
GLI INDICATORI
Quella dell’indice infatti è una voce particolarmente autorevole perché si tratta del lavoro più ampio mai realizzato sul tema. I ricercatori hanno preso in considerazione ben 51 indicatori diversi per analizzare i 14 obiettivi dell’Agenda riconducibili in qualsiasi modo al gender gap. Tra questi ci sono tassi di accesso ad acqua potabile, cibo, servizi igienico-sanitari, cure, studi, internet, mobile banking, prestiti e lavoro. Indicatori che sono stati classificati attraverso una scala di valutazione compresa tra 0 e 100. La media dei valori per i Paesi analizzati è di 65,7 e appena 21 di loro hanno ottenuto un punteggio pari o superiore agli 80 punti. Al vertice della classifica c’è la Danimarca con 89,3 punti mentre l’Italia è al diciannovesimo posto con 81,8.
LE DISPARITÀ
La nostra area tematica più critica è stata individuata nella scarsa presenza delle donne nel settore dell’industria, delle infrastrutture e dell’innovazione. L’Italia però non sfugge anche a quei fattori purtroppo costanti che riguardano tutti i Paesi analizzati: l’insufficiente presenza di donne in parlamento e nelle istituzioni, la disparità salariale e le violenze nei loro confronti. In particolare, nella sezione che misura l’impegno nell’eliminare ogni forma di violenza sulle donne e quello nell’assicurare l’accesso universale alle misure sanitarie per vivere una buona vita sessuale e riproduttiva, l’Italia perde qualche posizione e si ferma a 78,7 punti. Numeri che da un lato dimostrano come ci sia da fare ancora tantissimo e dall’altro ci pongono appena sotto la Gran Bretagna diciassettesima e ben più avanti degli Stati Uniti ventottesimi. Nonostante i risultati migliori appartengano a 41 Stati dell’Europa e dell’America del Nord e a 23 nazioni dell’Asia e del Pacifico, non sono mancati dei dati apparentemente incongruenti: in materia d’istruzione ad esempio, la Danimarca - seppur al primo posto in assoluto – ha una percentuale di donne che concludono il ciclo secondario degli studi, inferiore a Paesi quali Georgia, Lituania e Kazakistan, e ha meno donne parlamentari rispetto a Ruanda e Senegal. Proprio pensando a casi come questo o quello degli Stati Uniti, in cui i legislatori stanno mettendo le mani su leggi fondamentali come quella per l’aborto, Alison Holder, direttore di Equal Measures, ha dichiarato: «Dobbiamo stare in guardia nei confronti dei Paesi che stanno arretrando». In pratica, al momento, circa 3 miliardi di donne vivono in nazioni in cui non si fa abbastanza per migliorare le loro vite. Un miliardo e 400 milioni in Paesi in cui l’uguaglianza di genere non è neppure all’orizzonte (con un punteggio misero di 59 o meno) e altrettante in nazioni in cui a malapena viene considerata un’istanza (con 60-69).
I PUNTEGGI
Il riferimento è principalmente a quei 21 Paesi presenti nella parte inferiore della classifica, che hanno racimolato un punteggio inferiore a 50, tra cui il Ciad (ultimo a quota 33,4). Ma in generale nessuna nazione dell’Africa subsahariana, dell’Africa del Nord, del Medio Oriente e dell’America Latina ha ottenuto un buon risultato soprattutto per quanto riguarda la lotta alla violenza contro ragazze e donne, alle mutilazioni genitali e al fenomeno delle spose bambine. «Non vedo come questi problemi possano risolversi in modo spontaneo – ha concluso Holder criticando la lentezza degli interventi – Ma anche tra gli Stati che registrano i miglior risultati ci sono grandi difficoltà e nessuna garanzia che il progresso sia assicurato».