la Repubblica, 4 giugno 2019
Dove sarà il quartier generale di Fca-Renault?
È l’ora del tifo. Nella partita Fca-Renault la Francia prova a giocare le sue carte fino all’ultimo, nella speranza di riequilibrare per quanto possibile i pesi. E se gli ambienti vicini al patron di Peugeot, Carlos Tavares, narrano di una partita in cui «Fca si annette Renault», non manca chi, sui giornali d’Oltralpe, definisce “fragile” il sistema produttivo di Fca in Italia (ieri il mercato della Penisola è sceso dell’1,5 per cento, quello di Fca del 6%) con l’obiettivo di salvare i posti di lavoro nelle fabbriche francesi. Trompe l’oeil, illusioni ottiche che servono a gettare fumo nelle ore decisive del confronto. Perché se è vero che la trattativa sui dettagli durerà ancora a lungo, è altrettanto certo che quella sulla sostanza non può essere infinita. Anzi, uno stallo sugli aspetti di fondo può portare al fallimento dell’intera operazione.
Nessuno ieri a Torino ipotizzava uno scenario del genere. E il fatto stesso che il cda di Renault sia stato fissato alle 15 è un segnale di disponibilità da parte francese a tentare di trovare fino all’ultimo una soluzione sull’impianto generale. «Chi si occupa dei dettagli arriverà dopo», diceva il generale De Gaulle.
Le questioni di fondo sono tre ed è probabile che in queste ore si cerchi una soluzione che consenta al cda di oggi di dire un sì di massima all’intesa. Le richieste del governo di Parigi saranno accolte probabilmente solo in parte. La prima è quella di avere un posto nel consiglio di amministrazione del nuovo gruppo. La seconda è quella di avere il quartier generale a Parigi e la terza è quella di ottenere denaro per la parte francese come extradividendo. Alla prima richiesta è difficile, se non impossibile, dire di no. Se gli azionisti di Nissan, che avranno il 7,5 per cento del nuovo gruppo (in virtù della loro attuale partecipazione del 15 per cento in Renault) avranno un consigliere di amministrazione, come potrebbe non averlo lo Stato francese che ha la stessa quota? Il rifiuto potrebbe solo essere giustificato in nome della prevalenza del privato sul pubblico, della volontà di tenere fuori la politica dalla stanza dei bottoni. Un terreno di scontro ideologico davvero difficile da praticare.
Simmetricamente è praticamente impossibile dire di sì alla richiesta di un extradividendo per la parte francese. La capitalizzazione di Renault è significativamente più bassa di quella di Fca ed è quella differenza che giustifica l’extradividendo di 2,5 miliardi che finirà agli azionisti del gruppo guidato da John Elkann. In quel modo infatti sarebbe poi possibile procedere a una fusione tra eguali, al 50 per cento, partendo da società diseguali perché Fca vale di più di Renault. Non si spiegherebbe invece a quale titolo dovrebbe essere pagato l’extradividendo ai francesi, se non nel cuore di una trattativa levantina in cui tutto è lecito pur di portare a casa un risultato.
Stando così le cose, il vero punto di trattativa rischia di essere quello sul quartier generale del nuovo gruppo. Anche qui non è semplice distinguere il fumo dall’arrosto. L’idea che un gruppo nato dalla fusione tra Fca e Renault (con l’importante intervento di Nissan) possa avere un quartier generale, è abbastanza peregrina. Perché un colosso da 15,5 milioni di auto vendute in tutti i continenti non si può governare da Boulogne- Billancourt, periferia di Parigi. Soprattutto quando un terzo di quelle auto, quelle che creano valore e utili, è venduto in America.
Che cosa chiede dunque il governo di Parigi? Non tanto il quartier generale del nuovo gruppo, troppo vasto per averne uno, quanto il luogo di comando delle attività europee che oggi per Fca si trova in Italia, a Torino. L’idea di trasferire in Francia quella funzione potrebbe aprire un conflitto serio tra Parigi e Roma. E infatti ieri la politica italiana, finora sonnacchiosa di fronte alla fusione e distratta dalle vicende della campagna elettorale, ha cominciato a drizzare le antenne. Se Di Maio è prudente («siamo in contatto con i vertici di Fca e seguiamo l’operazione. Diamo per scontato che si salvaguardino prima di tutto i lavoratori»), M5S e Forza Italia esprimono preoccupazione accusando Parigi di utilizzare «toni inadeguati».
Oggi pomeriggio si capirà se davvero quella delle ultime ore è stata una cortina fumogena o se lo stallo potrebbe mettere in crisi la trattativa. Un elemento di chiarezza che potrebbe arrivare anche se il cda di Renault dovesse tecnicamente concludersi, come si dice, in modo interlocutorio. Una via d’uscita, in caso di fallimento, potrebbe essere il ritorno di Fca al tavolo di Peugeot. Ieri sera Torino non commentava le indiscrezioni su un incontro, otto giorni fa, tra John Elkann e Robert Peugeot. È possibile che la cena sia servita a rinsaldare i rapporti tra le due famiglie dell’auto europea al di là dell’ira di Tavares, arrabbiato perché Fca ha scelto un altro interlocutore. In fondo Elkann e Peugeot sono azionisti. Tavares è un manager.