La Stampa, 3 giugno 2019
L’oro sale e continuerà a salire
È il bene rifugio per eccellenza. E adesso sempre più presente nei portafogli. Si tratta dell’oro, tornato in auge sia per i timori legati alla crescita economica nell’eurozona sia per quelli riguardo alle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. Una tendenza che, secondo la maggior parte degli analisti, è destinata a rafforzarsi entro la fine dell’anno.
Negli ultimi 6 mesi, dopo un 2018 pesante per tutte le classi di asset, compresi dunque i metalli preziosi, la corsa dell’oro è ripartita. Da inizio anno il valore del metallo giallo ha guadagnato quasi il 5%, ovvero circa 60 dollari per oncia, fino a ridosso quota 1.300 dollari. E come spiega la banca statunitense Wells Fargo, nelle ultime 8 settimane sono aumentate le esposizioni sugli Exchange traded fund (Etf), i fondi che replicano un indice e che sono negoziabili come titoli azionari. Nello specifico, sia in Europa sia negli Usa, quasi annullando le perdite patite negli scorsi 12 mesi.
Il motivo è da ricercarsi, secondo Wells Fargo, in due fattori. Da un lato, le incognite legate alla crescita europea, che potrebbero essere ben al di sotto delle aspettative di fine 2018. Dall’altro, l’evoluzione della guerra commerciale tra Usa e Cina, che sta entrando in una nuova fase, considerata “ben più cruenta”, dopo le schermaglie tra il produttore di telefonia cinese Huawei e Google. Un eventuale inasprimento delle sanzioni Usa contro la Cina avrebbe la conseguenza di alimentare la richiesta di protezione tramite i prodotti aurei. Ma c’è anche un terzo altro elemento, sottolinea la canadese TD Securities. Vale a dire, il deterioramento dei dati economici americani, che potrebbero incrementare il valore dell’oro. È vero infatti che l’economia statunitense è ancora su livelli dignitosi, ma il ciclo è verso la sua fase discendente.
I fattori geopolitici
Come spiega Névine Pollini, analista sulle commodity per la ginevrina Union bancaire privée (Ubp), ci sono alcuni aspetti geopolitici da tenere conto quando si parla dell’oro ai giorni nostri. «Alcuni governi hanno continuato ad accumulare oro. La Cina, ad esempio, lo acquista dall’inizio dell’anno per diversificare il proprio patrimonio rispetto al dollaro», fa notare Pollini. E questo è un aspetto, ovvero la difesa di Pechino rispetto le decisioni di Washington, che potrebbe sostenere il prezzo del metallo giallo. Non a caso, secondo l’ultimo rapporto sulle commodity redatto dalla banca Goldman Sachs prevede che l’oro raggiunga 1.400 dollari a fine anno e 1.463 nel corso del 2020. Allo stesso modo, il nervosismo in vista della formazione del Parlamento Ue, afferma l’olandese Rabobank, potrebbe sostenere l’interesse negli investimenti auriferi. Maggiore è la volatilità, nota Rabobank, più elevati sono i ritorni per l’oro.
Le opportunità non sono poche. Ci sono pochi Etf quotati a Borsa Italiana, ma quelli presenti stanno replicando in modo fedele le dinamiche di prezzi del metallo giallo. I più interessanti sono quelli basati sull’oro fisico, dove il sottostante è rappresentato dai lingotti custoditi dalle banche, non un contratto future standard. Uno degli esempi, che permette un’esposizione diretta, è l’Xtrackers Physical Gold Etf, che negli ultimi sei mesi ha registrato un aumento di valore superiore al 6,5%, battendo dunque il parametro dell’oro statunitense.
Analoghi strumenti sono erogati anche da Etfs e Invesco, che hanno performance simili e che evitano il problema di detenere oro fisico. Tuttavia, se non si volesse operare tramite un prodotto finanziario, le alternative non mancano. Lingotti e monete aurifere sono ancora oggi, un’opzione valida per un investimento a lungo termine. Il risultato dell’attuale corsa dell’oro è che diversi risparmiatori potrebbero decidere di aprire una posizione, fisica o finanziaria, da qui alla fine dell’anno.