La Stampa, 3 giugno 2019
Italiani sempre più armati
C’è un piccolo-grande esercito in Italia. Un esercito parallelo che in nome della sicurezza o della “passione” per il tiro a segno ha deciso di acquistare e maneggiare un’arma.
Per vedere questi soldati non serve partecipare alla parata militare del 2 giugno a Roma. Basta avere un account Facebook. E iscriversi al gruppo «Legittima difesa abitativa». In pochi clic, dopo che gli amministratori della pagina hanno accettato la tua iscrizione (vincolata alla compilazione di un questionario), si viene catapultati in una comunità composta da oltre 20 mila persone. Che postano la foto dell’ultima pistola comprata (vedi l’immagine a lato), polemizzano sui divieti di caccia, si scambiano consigli utili. «Per fare il porto d’armi per uso sportivo come posso fare?», chiede lo scorso 28 maggio A.M. nuovo membro del gruppo. Nei 116 commenti di risposta si scopre che i tempi per ottenere la licenza variano da città a città.
«A Ravenna sono veloci», suggerisce un utente. «Ci metti 7 mesi se non sei raccomandato», replica invece un altro. Un terzo ammette di essere «sarcastico». «In Italia - commenta - ora come ora devi esseri immacolato. E pensa che lo danno (il porto d’armi, ndr) ai politici e ho detto tutto». Ecco perché c’è chi propone una liberalizzazione: «Bisogna legalizzare la libera vendita delle armi».
Il modello più citato è quello degli Stati Uniti. Curioso invece che, appena al di là delle Alpi, la Svizzera si sia appena espressa con un referendum a favore di norme più rigide sul possesso d’armi. Ma l’Italia del 2019 sembra andare in un’altra direzione. Lo dicono i numeri.
Autorizzazioni facili
Sono 1.315.700 le licenze in vigore per detenzione legale di armi nel 2018, in crescita del 4% rispetto al 2015 (vedi grafico qui sotto). Ma, se si aggiungono quelli che non hanno rinnovato la licenza negli ultimi anni (sfuggendo così da ogni monitoraggio), sono almeno 4 milioni le persone che detengono legalmente un’arma in casa. Per ogni militare (200 mila gli appartenenti alle forze armate) in Italia ci sono insomma 20 “appassionati” che hanno una pistola nel cassetto o un fucile in cassaforte.
A dettare l’incremento più marcato è l’uso sportivo (+27% negli ultimi tre anni): sono circa 600 mila le licenze. Tutte le altre tipologie di porto d’armi sono in calo, compresa quella per difesa personale che necessita di una valida motivazione che deve essere riconosciuta in Prefettura. Se i dati vengono analizzati più attentamente si scopre che sommando il numero degli associati all’Uits e alla Fitav e alle altre federazioni di tiro a volo si arriva a quota 100 mila cui si aggiungono i 40 mila iscritti ai poligoni privati. Un totale di 140 mila appassionati. Altre 460 mila persone non praticano alcuno sport ma tengono comunque un’arma in casa. «Contrariamente al diffuso luogo comune, la legislazione italiana è di fatto sostanzialmente permissiva in materia di detenzione di armi», spiega Giorgio Beretta dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal). «A qualunque cittadino incensurato, esente da malattie nervose e psichiche, non alcolista o tossicomane, è consentito ottenere una licenza che permette di possedere tre pistole, dodici fucili semiautomatici e perfino un numero illimitato di fucili da caccia». Luca Traini, che a febbraio di un anno fa aprì il fuoco contro i migranti tra le strade di Macerata, ottenne la licenza in meno tre settimane. Diciotto giorni. Gli stessi in cui, senza difficoltà, si procurò una pistola con regolare licenza.
L’insicurezza percepita
Forse il Paese che si arma ha la percezione di essere più sicura. I dati Istat parlano di una realtà diversa. Le rapine negli esercizi commerciali sono in consistente calo nell’ultimo decennio (da 8.149 nel 2007 a 4.848 nel 2016) e anche quelle nelle abitazioni sono tornate ai livelli di dieci anni fa (erano 2.529 nel 2007, sono state 2.562 nel 2016). La realtà è diversa dalla percezione anche per quanto riguarda gli omicidi: nel 2018 sono stati 51 (fonte Opal) quelli avvenuti con un’arma legalmente detenuta, praticamente uno a settimana. Tra questi delitti domestici e femminicidi. Tanti o pochi? Per un confronto: le vittime accertate della mafia in un anno sono state meno (48). E ancor meno sono gli omicidi, effettuati con ogni strumento, per «furti o rapine» (16 secondo i dati Istat relativi al 2017).
L’ideologia della «difesa ad ogni costo» ci avvicina pericolosamente agli Stati Uniti, primo Paese al mondo con oltre 270 milioni di armi in mano ai civili (più di una per ogni adulto) e il triste record di 30 mila morti e 80 mila feriti all’anno. Un’emergenza contro cui si era scagliato l’ex presidente Obama: durante il suo mandato alla Casa Bianca promise una stretta sull’uso per «frenare queste carneficine nelle nostre comunità». Poi è arrivato Trump è tutti gli sforzi sono stati congelati.
Una legge contestata
Il Parlamento ha approvato una legge controversa (la numero 36 del 2019). Con la riforma si sono allargate le “maglie” di proporzionalità tra offesa e difesa. Il testo riconosce che la difesa è «sempre» legittima «se taluno usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o la altrui incolumità, i beni propri o altrui». Chi critica la riforma sostiene che circoleranno «più armi» e quindi ci sarà «più insicurezza». L’indirizzo politico è chiaro: uno dei primi atti della Lega al governo è stato recepire la direttiva europea 477 che, tra le altre cose, aumenta i colpi nei caricatori: da 15 a 20 per le armi corte. Con un paradosso: i cittadini hanno una potenza di fuoco superiore alle nostre forze di polizia. I loro caricatori hanno solo 15 colpi.