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 2019  giugno 03 Lunedì calendario

Tutti pazzi per le escape room

C’è chi si esalta per essere stato sepolto vivo per due ore – “Ero chiuso in una bara, adrenalina a palla e limiti mentali da superare”- e chi ringrazia per essere stato “terrorizzato tantissimo, un’avventura da cardiopalma”. Altri notano come l’accoppiata di logica e suspence “sia perfetta per far girare il cervello a mille”, mentre tutti concordano: “La prima volta non si scorda mai”. Sul serio: non c’è forse esperienza sul web recensita con tanto eccitato entusiasmo – e senza nessuna pur minima critica – quanto le cosiddette escape room, realtà nata pochi anni fa e diventata ormai virale (sono centinaia in Italia, migliaia nel mondo). Si tratta di stanze a tema, generalmente di avventura o di orrore (ma anche “firmate” Disney, Star Wars, Harry Potter), nelle quali si viene rinchiusi in più giocatori, generalmente amici. Sessanta minuti il tempo previsto per riuscire a fuggire – attraverso giochi e indovinelli logici – da un castello infestato o un monastero maledetto, da un bunker pieno di zombie o una prigione piena di torture, dalla tomba di un faraone o il caveau di una banca. Concesso, in caso di impasseestrema, un aiutino esterno, anche se c’è chi alla fine fallisce e resta intrappolato.
Che si vinca o si perda, il nuovo popolo degli “escaper” sembra trarre giovamento da questa pratica sempre più diffusa: tanto che ormai ci si mandano pure i bambini oppure i dipendenti delle aziende. Gli esperti confermano: i benefici di questa esperienza adrenalinica sono tanti. Anzitutto, si fa una pausa dalla routine, uscendo dalla propria “confort zone”. Fronteggiare le sfide come squadra inoltre, come spiega Art Markman, professore di Psicologia all’Università del Texas, aiuta a creare empatia tra i giocatori e sconfigge le paralisi decisionali, mentre la spinta a risolvere problemi- oltre a sviluppare il pensiero critico – produce dopamina. Non solo: essere rinchiusi in una stanza, nota lo psicologo sociale Kevin Swartout della George State University, forza le persone a creare relazioni e a condividere di più, mentre il superare momenti di crisi rafforza l’autostima. Ma soprattutto gli studiosi del fenomeno sottolineano la differenza con videogiochi e smartphone: come questi ultimi, le escape room ci permettono di dare vita a paure represse – ad esempio un aereo dirottato o una casa in fiamme – ma lo fanno in un mondo che è “analogico”, non passivo, “realistico e tattile”, dove è presente cioè sia l’aspetto sociale che quello fisico, il corpo insomma. Certo, è possibile che, divenute sempre più luogo di compleanni o annunci di nozze, le escape room perderanno il loro fascino pauroso, sgonfiandosi. O che, più che una compensazione da un eccesso di virtualità, diventeranno l’ennesima fuga dalla realtà, con i partecipanti che invece che risolvere gli enigmi faranno in modo di perdere per restare dentro, per sfuggire il capo o la moglie. Per ora, comunque, fruttano bene a chi le gestisce e rilassano chi ne fruisce. Ma occhio alle uscite di sicurezza e agli estintori: perché il brivido va bene, purché resti finzione.