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 2019  giugno 02 Domenica calendario

Notre Dame potrebbe crollare

 I sensori per ora dicono che non si muove niente, tutto è fermo alla notte del 15 aprile. Sono stati disseminati dovunque sulla struttura sventrata di Notre Dame: devono allertare su ogni cedimento, ogni spostamento delle campate, ogni piccolo segno di stanchezza delle volte. Perché la cattedrale è in piedi, ma la catastrofe come dicono i tecnici al lavoro, non è ancora scongiurata. 
La catastrofe, è il cedimento di una volta, una campata che viene giù perché gli archi rampanti da soli non ce la fanno più a sostenere tutto e potrebbero, in un tragico effetto domino, trasformare Notre Dame in un cumulo di macerie. «L’ordinanza di edificio pericolante resterà in vigore fino a quando non potremo dimostrare che l’edificio è stabile» ha detto a Le Monde il responsabile della conservazione del patrimonio della regione Ile de France, Antoine-Marie Préaut. E per ora le prove che il peggio è passato, che l’edificio non costituisce un pericolo e non sia in pericolo, non ci sono. La prognosi non si scioglie. Basta guardare, in questi giorni di sole, la struttura scarnificata e inondata dalla luce della navata centrale per rendersene conto. «I sensori resteranno in funzione almeno per cinque anni» ha spiegato, sempre a Le Monde, l’architetto responsabile della Soprintendenza ai beni storici, Philippe Villeneuve. 
LE URGENZE
A un mese e mezzo dall’incendio, il dibattito su come la cattedrale sarà ricostruita, le diatribe tra conservatori e modernisti, il calendario imposto dal presidente Macron, sembrano fuori luogo. Le urgenze sono ben altre per la task force al lavoro, tra cui l’architetto italiano Carlo Blasi, tra i massimi esperti nel consolidamento e restauro di edifici storici. La struttura è stata alleggerita: i rosoni e i pinnacoli sono stati deposti. Ma, secondo Francesco Bandarin, architetto e ex direttore del Centro del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, la struttura resta molto instabile e il rischio è quello di veder collassare l’intero edificio. 
D’accordo anche Paolo Vannucci, docente di ingegneria meccanica all’università di Versailles, che tre anni fa aveva svolto una missione per conto del governo francese sui rischi di attentato e la sicurezza a Notre Dame. Secondo Vannucci, citato dal mensile The Art Newspaper, il crollo di parte delle volte ha compromesso l’intera struttura portante della cattedrale: i muri potrebbero cedere a folate di vento superiori a 90 chilometri orari mentre prima potevano resistere anche a tempeste con venti fino a 220 chilometri orari. L’opera di puntellatura è già cominciata, in particolare nel transetto, nord, il più a rischio. Nei prossimi giorni saranno puntellati tutti i 28 archi rampanti e allora potrà cominciare la costruzione dei due immensi impalcati, due solai che andranno a tenere insieme le volte alla base e alla sommità della navata. 

L’INCHIESTA
La struttura sarà allora più stabile e gli inquirenti potranno tra l’altro avvicinarsi al punto in cui sono partite le fiamme, alla base della guglia. L’inchiesta per ora ha confermato una serie di falle nel sistema di sicurezza, con pochi agenti di sorveglianza e un sistema di allerta obsoleto, cosa che ha provocato un fatale ritardo dei soccorsi. Nessun elemento permette di aprire la pista dell’azione criminale. 
Quel 15 aprile, come ha ripetuto anche l’architetto Villeneuve, nessuno degli operai al lavoro sui ponteggi che dovevano servire per il restauro della guglia ha usato fonti di calore. 
Esclusa, dunque, l’ipotesi di una saldatura come punto di partenza del fuoco. Si continuano a cercare fili elettrici tra le macerie. L’ipotesi più probabile resta quella di un corto circuito, anche se la direzione dell’impresa Le Bras Frères; responsabile dei ponteggi, continua ad assicurare che è impossibile, che i quadri elettrici si trovavano tutti a metri di distanza dalla cattedrale.