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 2019  giugno 02 Domenica calendario

La donna che perfino Einstein temeva

 Quanti di noi si sono sottoposti ai raggi x e hanno iniziato una cura? Tanti. L’umanità intera si può dire. Ebbene, tutti dobbiamo dire grazie a una donna: Marie Curie, “quell’accigliata scienziata polacca”, che prima misurò la radioattività, inventando l’uso terapeutico dei raggi x, e poi scoprì il polonio, che battezzò con quel nome in onore del suo paese, e il radio. Le sue scoperte rivoluzionarono il mondo e le valsero ben due premi Nobel: uno per la Fisica (nel 1903) e uno per la Chimica (nel 1911). Prima e unica donna a ricevere il doppio riconoscimento assegnato dagli accademici di Svezia (la doppietta fu realizzata solo da altri due uomini). E inoltre, la seconda donna a ricevere il Nobel per la Chimica (1935) fu sua figlia Irene. Marie fu anche la prima a ottenere il dottorato in Scienze alla Sorbona, a insegnare all’Università e, da assoluta pioniera, fu anche l’unica donna – fino ad oggi – ad essere sepolta, per i propri meriti, nel Pantheon degli uomini ollustri di Parigi. Le misero persino, vicino al loculo, la tomba del suo amante, insieme a quella dell’amatissimo marito Pierre Curie. Ma come fece quella donna polacca in terra straniera, sola, povera, senza appoggi, a ottenere tutto questo? Perché se lo meritava davvero, certamente. Ma quante donne ricche d’ingegno sono state meritevoli, ma meno fortunate dei colleghi maschi? Marie Curie era anticonvenzionale, aveva una volontà di ferro, un perfezionismo maniacale, testardaggine e spirito di sacrificio. Ma soprattutto era una scienziata di traboccante passionalità e grande umanità, per nulla incline a rispecchiare il modello propinato “molto intelligente ma fredda come un pesce”, come dirà di lei, con evidente invidia, il collega Albert Einstein.

LE PAGINE DEL DIARIO
A rivelarlo sono le pagine del suo diario contenute nel libro La ridicola idea di non vederti più”(Ponte alle Grazie, pp. 224, euro 16), di Rosa Montero, giornalista e scrittrice, che narra in prima persona la sua intima connessione alla biografia della scienziata. Coincidenze o vite parallele, quelle che tengono insieme Marie Curie e Rosa Montero, raccontate come nel film La doppia vita di Veronica di un altro famoso polacco Krzysztof Kieslowski. Due donne, vissute in epoche diverse, in dialogo tra loro. È un testo profondo sulla vita, sulla morte, sull’amore, con inquietanti ombre e colpi di scena. Marie Curie era alta e doveva essere anche molto forte per resistere a quel bagliore azzurrino dei raggi x che la resero la donna più radioattiva al mondo. Morirà proprio a causa delle radiazioni a 67 anni. A lei non importava la pericolosità di quell’elemento, aveva lo sguardo così potente di «chi è pronto ad arrivare dovunque sia necessario per raggiungere i suoi obiettivi», scrive Rosa Montero. Fu anche malandrina: si prendeva delle scuffie esagerate, come quella per Casimir, bellissimo ragazzone e bravo matematico, un altro genio come lei. Gli uomini le piacevano belli e molto intelligenti. Voleva il meglio. Certo non era affetta dalla sindrome “ti cambierò”, tipica di quelle povere ragazze che baciano i rospi nell’attesa che diventino principi. Una vita, per quanto straordinaria come quella di Marie Curie, “non basta”, direbbe il poeta Fernando Pessoa: servirà l’arte o la letteratura, come questo bellissimo libro, per farne una leggenda indimenticabile. (Da consigliare a tutte le ragazze e i ragazzi coraggiosi).