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 2019  giugno 02 Domenica calendario

La capsula per l’eutanasia fai-da-te

Scordatevi i viaggi dell’addio oltre confine: un parente o un amico fidato a tenervi la mano, la foto dei congiunti da guardare per l’ultima volta, un’anonima clinica con le stanze tutte uguali e le infermiere così efficienti da sembrare finte. Dimenticate la trafila per trovare la struttura migliore, a cui mandare la richiesta che suona più o meno così: posso venire da voi a morire?. Archiviate l’ansia del distacco, la fine agognata in terra straniera. Mettetevi in una capsula, premete un bottone, e ciao a tutto il mondo. La faccio finita. Adieu. All’inizio potrebbe sembrare come entrare in una navicella spaziale, un gioco di fantascienza, la macchina del tempo simile a quella di Ritorno al Futuro, solo che lì si andava indietro, qui invece si va così avanti da passare oltre. A miglior vita, direbbe qualcuno. 

SPECIALISTA DEL RAMO
La capsula si chiama “Sarco”, da sarcofago ovviamente, ed è una creazione del medico austrialiano Philip Nitschke, il cui nome per alcuni è così complicato che è molto più semplice definirlo «dottor Morte», non fosse altro per la sua specializzazione in una branca sempre più diffusa, non solo all’estero ma anche qui da noi: l’eutanasia. A seconda di come la si pensi in materia, se piaccia o no immaginare il modo migliore per togliersi la vita, il medico in questione è un luminare nel suo campo e almeno dal 1996 è sulla breccia perché è stato il primo a praticare il suicidio assistito nel suo Paese. Nel ’97 Nitschke ha fondato l’associazione “Exit”, per aiutare le persone a uscire da questa esistenza terrena e ad avviarsi in un’altra dimensione e ogni anno organizza meeting in cui invita tutti coloro che hanno «buone idee in proposito» a enunciarle in pubblico, a metterle a disposizione della collettività. Il “dottor Morte” australiano è talmente impegnato nel suo settore da avere perfino creato una sorta di «anarchia eutanasica» nel senso che chiunque può condividere le proprie invenzioni purché siano funzionali ad un unico scopo: uccidersi. “Sarco” è l’ultima frontiera in tal senso, così sofisticata e tecnologica da essere perfino in esposizione a mostre internazionali come è in questi giorni, alla 58esima Biennale di Venezia. Perché tutto nasce da una stampante in 3D portatile che può rendere più elegante il trapasso e, volendo, anche far tornare indietro l’aspirante suicida. Basta schiacciare il pulsante giusto: quello di avvio immette azoto nell’abitacolo per sostituire l’ossigeno in modo che chi respira abbia una sensazione di euforia “alticcia”. Ma se una volta iniziato il processo uno ci ripensa, entro un minuto deve pigiare il bottone di arresto, azionare il portello di fuga e tornare alla vita.

ESPOSTA 6 MESI
La macchina, già soprannominata “il baccello della morte”, rimarrà esposta a Venezia per 6 mesi prima di essere spedita in Svizzera, dove sarà utilizzata, proprio lì dove l’eutanasia è legale e dove tanti italiani decidono di andare a morire nelle cliniche con le stanze tutte uguali e il personale super efficiente. Per ora non dovrebbe essere commercializzata in altri Stati, ma Nitschke è pronto a giurare che le richieste saranno talmente numerose che tante persone vorranno avere “Sarco” a portata di mano. Senza andare più in Svizzera.