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 2019  giugno 02 Domenica calendario

Le regole dell’eleganza, da Brummell a 007

In questo mondo completamente appiattito e globalizzato, l’unica salvezza è la ricerca del bello, dell’estetica che non è mai vezzo o fine a se stessa, ma piacere e cultura. È anche e soprattutto la ricerca del classico perché, come diceva Italo Calvino, «classico è ciò che non ha mai finito di dire quello che ha da dire». La bellezza si può trovare ovunque, ma qui vogliamo trattarla attraverso tre «piaceri» del mondo maschile: l’eleganza nell’abbigliamento, il vino e la barba. Su questi tre temi la casa editrice Alcatraz ha pubblicato tre libri-guida piacevoli e sofisticati. «La vita elegante è la perfezione della vita esteriore e materiale», diceva Honoré de Balzac. Questo non vuole dire che l’uomo elegante sia fatuo o vanesio, anzi. Il vestito classico è segno di cultura e di distinzione. Farsi fare un abito o una camicia, scegliere e toccare i tessuti, vederlo crescere sulle nostre forme è un piacere impagabile. Sapersi vestire in modo classico non è da tutti. Prima di tutto l’abito dev’essere vissuto, nel senso di una cosa che rappresenta nella propria usura un passato, e deve rivelare senza farsi notare troppo. Diceva Beau Brummell: «Se la gente vi guarda con attenzione, siete mal messo; o troppo ben vestito, o impettito, o ricercato». I nuovi ricchi o i «nuovi abbigliati» sono quelli che a ogni occasione si presentano vestiti di nuovo e si pavoneggiano al Pitti, nei programmi televisivi o alle feste di grido. Ma i nobili inglesi (principi dell’eleganza) erano soliti fare usare i propri abiti o le proprie scarpe dai valletti, per togliere la patina del nuovo, e arrivavano a mettere dei sassi nelle tasche delle giacche sportive, per dare loro forma. 
Non rischiate di seguire le mode; oggi è di grido l’abito senza calze che è severamente vietato a ogni gentleman. Sarebbe come andare in macchina senza ruote, sottolinea Alfredo de Giglio, autore del volumetto L’eleganza, che fornisce una severa lista di consigli cui l’uomo elegante non può abiurare. Ad esempio è vietata (per fortuna) la giacchetta corta che va tanto oggi: la giacca, dietro, deve coprire il fondoschiena. «Solo le donne usano il didietro in bella vista, per ovvi motivi». Un altro consiglio d’oro – al contrario di una moda largamente diffusa negli anni Ottanta – è quello di non indossare mai la pochette uguale alla cravatta. «Cravatta e pochette uguali sono la divisa dello sciocco che si crede un elegantone», scrive in un titolo De Giglio. Un uomo da prendere come esempio per la sua classe? A furor di popolo Sean Connery, che si fa fare camicie e cravatte – anche quelle che indossa nei film di 007 – da Turnbull & Asser, premiati camiciai reali a Londra in Jermyn street. Da loro sono passati tutti: persino Robert Redford per i voluttuosi abiti del film Il grande Gatsby. Le leggi fondamentali dell’eleganza maschile, oltre al buon gusto, sono poche e ce le riassume lo scrittore Luigi Settembrini: «semplicità, essenzialità, razionalità. Mai l’esibizione e il patinato lusso che spesso molte riviste di moda e di costume spacciano per stile».
«Gettiamo via gli affanni! Scorri vino in un fiume di schiuma in onore di Bacco, delle Muse, della Bellezza», scriveva Pukin. Quale migliore introduzione di queste parole al libretto di Carla Pacelli Il vino? Il vino è un piacere difficile da godere, direi che è un’arte sapere bere bene e non fermarsi a quelle misture che molti locali ci propinano. Non solo è il più certo ed efficace consolatore, come sosteneva il melanconico Leopardi, ma è anche, per dirla con Alexandre Dumas, «la parte intellettuale di un pranzo. La carne e i legumi non sono che la parte materiale». Il vino è cultura, e lo sanno bene molti degli enologi e dei produttori che oggi vanno forte in Italia con le loro aziende agricolo-vinicole. Qui non mancano i consigli per «la cantina ideale», la cui temperatura deve aggirarsi fra i 10 e i 15 gradi centigradi. Difficile dare consigli; oltre allo Champagne anche un Prosecco di Conegliano Valdobbiadene e tra i rossi un Pinot Noir della Borgogna o da noi un Amarone (ad esempio il Riserva Mater di Domìni Veneti) o il Barolo di La Foia (vendemmia 2011, di Nadia Curto). Tutto all’insegna di quel «liquore» che ha fatto dire a Charles Baudelaire: «Il vino e l’uomo mi fanno pensare a due lottatori fra loro amici, che si combattono senza tregua, e continuamente rifanno la pace. Il vinto abbraccia sempre il vincitore». Prosit, e attenzione a non esagerare.
Un proverbio anonimo recita: «Il tuo carattere dice al mondo che sei un vero uomo, e la barba è il punto esclamativo». Romano Brida si impegna a raccontare La barba, dalle barberie storiche a quelle moderne e modaiole come Bullfrog a Milano o High Voltage Barbershop ad Aquisgrana, vere istituzioni della barberia ai giorni nostri. È un manuale su come e dove radersi, sul piacere di sedersi su quella poltrona, di farsi massaggiare e i pro e contro di questa «operazione» che ci coinvolge tutti. Schopenhauer ha messo d’accordo tutti dicendo: «La barba, essendo quasi una maschera, dovrebbe essere proibita dalla polizia. Inoltre, come distintivo del sesso in mezzo al viso, è oscena e per questo piace alle donne».