il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2019
Non è vero che l’Italia è peggio della Grecia
Le tensioni sui mercati, con Donald Trump che minaccia i dazi al Messico (mentre in Cina entrano in vigore su 60 miliardi di import americano) e i dati negativi sull’economia italiana hanno fatto salire venerdì lo spread, la differenza fra il costo del debito pubblico italiano e quello tedesco. Con un sorpasso non proprio entusiasmante dell’Italia sulla Grecia che ha spinto i giornali a sintesi ardite. Citiamo Repubblica per tutti: “L’Italia sta peggio della Grecia”. È così? Non proprio.
Venerdì lo spread tra il Btp e il Bund tedesco a 10 anni è salito fino a 294 punti base (per poi chiudere a 286) con un tasso in rialzo al 2,72% mentre quello della Grecia prosegue la sua fase calante. Nel 2012 lo spread tra Roma e Atene era a 2.700 punti base, oggi siamo a 18. Non era così basso dal 2008, prima dello scoppio della crisi greca. Sui bond di medio termine va pure peggio. Il Btp quinquennale è arrivato a offrire un rendimento più alto di quello della Grecia: 1,74% contro l’1,68%.
Le tensioni finanziare sul debito italiano si susseguono da maggio 2018, con la crisi politica e l’uscita di una bozza di contratto del governo con un riferimento a un referendum sull’euro. Da allora lo spread, complici anche le tensioni con Bruxelles sulla manovra, è salito di quasi 160 punti. Il sorpasso della Grecia resta però un dato sorprendente, e si spiega anche con la reazione dei mercati alle turbolenze finanziarie, con gli investitori che si spostano verso beni rifugio, come il bund tedesco – il cui rendimento venerdì ha toccato nuovo minimo storico a -0,23% – e i titoli sovrani con prospettive di miglioramento. La Grecia è uscita ad agosto 2018 dal terzo programma di salvataggio della Troika (Bce, Fmi e Ue) ed è tornata sul mercato dei bond sovrani pur disponendo di ingente liquidità (quasi 48 miliardi). Il Pil è salito dell’1,8% nel 2018 e – stima Bruxelles – dovrebbe arrivare al 2,2% quest’anno. Come segnala Mark Bird del Wall Street Journal il mercato secondario dei bond sovrani greci è ridotto al minimo (dai 42 miliardi di euro di operazioni mensili nel 2001-2010 ai 29 totali del 2011-2019) ed è più facile tenere bassi i rendimenti, anche se una parte rilevante delle negoziazioni avviene sui mercati non regolamentati.
Se si guarda ai conti pubblici e all’economia, però, l’Italia non sta “peggio” della Grecia. È la terza economia (se si esclude la Gran Bretagna) e la seconda potenza manifatturiera dell’Ue; ha un debito al 132% del Pil contro il 180% di Atene, che con la devastante austerità imposta dalla Troika ha perso un terzo del Pil e la disoccupazione è salita al 30% (oggi è al 20%). Dal 2021 dovrà tornare a rimborsare i creditori. Roma è finanziariamente più solida: ha un avanzo commerciale a doppia cifra e nel 2020 dovrebbe azzerare lo sbilancio della posizione finanziaria netta sull’estero, che per Atene è negativa per il 137% del Pil, un dato da Paese fallito e infatti – a differenza dell’Italia – ha un rating spazzatura. Il debito italiano è considerato sostenibile, mentre l’Fmi considera quello greco ancora a rischio.