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 2019  giugno 02 Domenica calendario

Cent’anni fa il biplano con a bordo Lawrence d’Arabia si schiantò a Centocelle

Cento anni fa il biplano con a bordo il leggendario diavolo d’Arabia si schiantò sulla pista romana: due morti, ma il tenente colonnello riuscì a salvarsi L’ANNIVERSARIO
Lawrence d’Arabia con gli occhialoni da aviatore in volo 100 anni fa sulla Casilina: solo qualche gesto con i comandanti Prince e Spratt, perché i due fragorosi motori Rolls Royce del mastodontico bombardiere Handley Plage della Raf coprono ogni parola nella cabina di pilotaggio aperta. Laggiù in fondo ecco la pista dell’aeroporto romano di Centocelle, poco visibile al tramonto del 17 maggio 1919.
«Catastrofe aviatoria a Centocelle» titolò a tre colonne il giorno dopo Il Messaggero nel raccontare come «il trentenne tenente colonnello Edoardo Laurence e due meccanici fossero miracolosamente scampati alla morte» che aveva invece falciato Frederick Prince, 27 anni, e Sydney Spratt, appena diciannovenne. Forse i due vennero ingannati dalla T che a terra indicava la direzione del vento (la codificazione dei segnali non era ancora universale), forse – più realisticamente – il pesante biplano arrivò lungo su quella pista ignota ai piloti che per il buio incombente avevano fretta di atterrare.
BIPLANOPrince e Spratt tentarono di riattaccare dando manetta: troppo tardi, il velivolo di legno e tela dalle ali di 30 metri si schiantò contro un albero finendo in una scarpata oltre la pista. Dai soccorritori l’identità di quell’ufficiale con una clavicola fratturata, divisa un po’ naif e sandali, non venne subito compresa in quelle prime e concitate ore, ma già il giorno dopo il re Vittorio Emanuele III andò a fargli visita all’ospedale dell’Addolorata: un grande onore ospitare a Roma il tenente colonnello Thomas Edward Lawrence che aveva guidato 70mila arabi alla vittoriosa rivolta in Medio Oriente contro l’esercito turco.
DIECI STERLINEIl Re trovò quell’illustre ricoverato – fisico esile, abbronzato, occhi celesti folgoranti – già indaffarato fra mille carteggi, perché Lawrence d’Arabia aveva appena cominciato la stesura de I sette pilastri della saggezza, il diario-capolavoro della sua campagna militare poi alla base del film kolossal premiato nel 1962 con sette Oscar. La scaletta del travagliatissimo libro prese corpo a Villa Bracciano, in cui il gallese Lawrence trascorse due settimane di convalescenza ospite dell’ambasciatore sir Rennell Rodd.
Questa finestra romana poco conosciuta nella vita di T.E. Lawrence si è riaperta in questi giorni al cimitero acattolico del Testaccio con la delegazione guidata dall’ambasciatrice britannica Jill Morris e dal sottosegretario alla Difesa del Regno unito, Tobias Ellwood, che ha reso omaggio ai piloti Prince e Spratt nel centenario della loro morte: nel gruppo anche Jackie Clews, 71 anni, nipote di Prince, e Jane Pine, 54 anni, pronipote di Frederick Daw, il meccanico che poi ricevette una lettera da Lawrence: «Eccole 10 sterline per ringraziarla ancora di avermi tratto in salvo dai rottami dell’aereo: non mi trovavo in una situazione molto confortevole così appeso ai resti della carlinga».
La sorte ha giocato con la storia dei due piloti sepolti sotto le lapidi della Raf con il motto Per ardua ad astra, vicino alle tombe di Keats, Shelley e Gramsci e soprattutto all’ombra della Piramide Cestia: il bombardiere era in effetti diretto, in quel maggio 1919, al Cairo.
Il tenente colonnello Lawrence, archeologo laureato a Oxford, aveva chiesto un passaggio alla Raf che voleva rafforzare il contingente aereo in Egitto mentre era in corso a Parigi la conferenza della Pace seguita alla prima guerra mondiale. Vi partecipavano lo stesso ufficiale e il principe sceicco Faysal, che aveva trionfato contro l’imponente esercito ottomano grazie alle strategie da guerriglia del Diavolo, come i beduini avevano soprannominato il gallese divenuto in tutto e per tutto uno di loro.
Lawrence d’Arabia, in quei giorni, era furibondo: delle promesse che per conto del governo inglese aveva fatto agli arabi per spingerli – tutti insieme, impresa nell’impresa – alla rivolta, restava un pugno di sabbia. L’accordo segreto Sykes-Pikot divise il Medio oriente fra Inghilterra e Francia: addio alla grande nazione araba. Il tenente colonnello non era un ingenuo, conosceva le difficoltà dello scenario postbellico, ma sperava che le sue travolgenti vittorie, esaltate dalla stampa di tutto il mondo, dessero più peso alle richieste di Faysal. Macché: Lawrence giunse a rifiutare la massima onorificenza britannica, la Victoria Cross, che il re Giorgio V gli stava appuntando sul petto. 
ACCORDO SEGRETODa Versailles, nel tentativo di recuperare documenti utili alle trattative, Lawrence volle allora raggiungere in fretta la capitale egiziana: Parigi, Marsiglia, Pisa, Roma le tappe del bombardiere Handley Page O/400 matricola D5439 del 58° squadrone che si schiantò a Centocelle, dove appena 10 anni prima aveva staccato l’ombra da terra il primo aereo in Italia, quello del pioniere Wilbur Wright.
Volare da Londra al Cairo con quei bestioni era un azzardo con quelle lunghe tratte sul mare aperto: dei 51 decollati a più riprese ne arrivarono in Egitto, mesi dopo, solo 26: otto i morti e 4 i feriti negli incidenti. Ma figuriamoci se Lawrence d’Arabia temeva il pericolo. Contro il parere dell’ambasciatore Rodd, il 29 maggio salì con la spalla strettamente fasciata su un altro Handley Page: poi Brindisi, Albania (dove un altro bombardiere cadde sotto i suoi occhi), Grecia, Creta, Egitto.
TRASVOLATAIl ritorno, ormai disilluso, lo fece in nave, continuando a scrivere I sette pilastri della Saggezza. Morirà nel 1935, in Inghilterra, in un misterioso incidente in motocicletta. Forse qualcuno è una delle ipotesi – non gradiva il suo appoggio all’espansione italiana in Africa a spese dell’Inghilterra. Roma, ancora, nel destino di Lawrence d’Arabia. E c’è chi sostiene che fino agli anni Sessanta uno dei motori del suo bombardiere fracassato a Centocelle rombasse ancora in una falegnameria romana.