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 2019  giugno 02 Domenica calendario

Il mistero della cleptomania

«C hiariamo una cosa: anche fuori dell’aspetto patologico l’essere ricchi o famosi non protegge dall’essere dei ladri o potenziali tali».
Senza entrare nel merito di una vicenda ancora tutta da chiarire (quella del cantante Marco Carta), Giancarlo Cerveri, psichiatra e direttore del «Dipartimento di salute mentale e dipendenze» di Lodi, cerca di spiegare che cosa può spingere una persona a commettere certi tipi di reati. Di esempi di personaggi famosi beccati a rubare è piena la casistica. E non sorprende che la cosa provochi curiosità, accompagnata dalla domanda: perché lo ha fatto? Che bisogno aveva?
Una volta precisato che anche i ricchi e famosi possono rubare, Cerveri riparte dall’impulso. Una sorta di motore che spinge un individuo a rubare pur senza averne necessità. «Si tratta di un impulso che si fatica a controllare. Ed è alla base della cleptomania. Il furto non è finalizzato a migliorare il proprio status sociale e avviene per questioni di tensione interna: ha un valore intrinseco».
Sono molte le celebrità finite nei guai perché sorprese a rubare. Ricordiamo i casi della modella Megan Fox, della cantante Beth Ditto, della soubrette Britney Spears, solo per citarne alcuni. Anni fa fece scalpore il furto della nota attrice americana, Winona Ryder. Fu arrestata per aver prelevato senza pagare merce per 4 mila dollari in un grande magazzino di Beverly Hills. Una performance realizzata non per migliorare la qualità della propria vita. «Il furto produce una soddisfazione molto intensa, rispetto alla quale si fa fatica a resistere, ad attivare il controllo».
Lo status
L’essere famosi o ricchi non rende immuni da questi comportamenti,
la spinta è troppo forte
È come un’onda di una compulsione crescente – continua lo psichiatra —. Il soggetto cerca di resistere. Quando non ce la fa più entra in una boutique».
La psichiatria interpreta la cleptomania in tanti modi. «Come disturbo della dipendenza per procurarsi un piacere istantaneo. Oppure la assimila a un disturbo ossessivo compulsivo. Altri studi parlano, invece, di disturbo dell’attenzione». Gli psichiatri studiano la materia da un centinaio di anni. Con passione. «Scientificamente è molto interessante, perché il soggetto resta lucido rispetto ai propri atti, si rende conto che sta commettendo un reato».
Però non si ferma. Non chiede aiuto. «C’è un vissuto di vergogna, è questo il motivo per cui il cleptomane non si confida con nessuno. Finché non è colto sul fatto».