Corriere della Sera, 2 giugno 2019
Condono anche per le imprese
ROMA Il prossimo terreno di scontro tra Lega e 5 Stelle si annuncia sull’estensione della «pace fiscale» alle imprese. In mezzo rischia di trovarsi ancora una volta il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, marcato stretto dai due vice, il leghista Massimo Garavaglia, incaricato di portare avanti il progetto del «Capitano», e la grillina Laura Castelli cui spetta il compito di tenere alta la bandiera dell’opposizione del Movimento ai condoni (anche se, a dire il vero, nel decreto fiscale di ottobre si contano una decina di sanatorie). Al Ministero, già nelle rime riunioni, si è capito che sul cammino della prossima manovra, all’orizzonte, si profila questo scoglio.
Del resto, è stato il leader della Lega, Matteo Salvini, ad annunciare: «Lavoriamo alla rottamazione delle cartelle, al saldo e stralcio esteso anche alle società, non solo alle persone fisiche. Così si incassano almeno 15 miliardi di euro». Una «caterva di miliardi», l’ha definita lo stesso vicepremier, che sarebbe preziosa in vista di una manovra 2020 che, a spanne, richiede coperture per una quarantina di miliardi. Il Carroccio è incoraggiato su questa linea dagli ottimi incassi che si profilano sulle sanatorie già varate. Secondo i dati del sottosegretario leghista all’Economia, Massimo Bitonci, alla «rottamazione ter» e al «saldo e stralcio», hanno aderito 1,7 milioni di contribuenti per un incasso di 21 miliardi in cinque anni. A conferma che sanatorie e condoni fiscali si confermano una facile via per far cassa.
Subito dopo il trionfo elettorale Salvini è sembrato voler accelerare, annunciando una discussione già nel primo Consiglio dei ministri post-voto. E si è parlato anche di possibili emendamenti della Lega al decreto «crescita» all’esame della Camera, oltre a quello già depositato che riapre i termini della «rottamazione ter» e della «pace fiscale» (saranno valide anche le domande presentate dopo il 30 aprile e fino al 31 luglio 2019). Si è addirittura ipotizzato il ritorno della «dichiarazione integrativa» per regolarizzare le somme nascoste al fisco pagando solo il 20%, una proposta già avanzata a ottobre dalla Lega e sulla quale i 5 Stelle avevano minacciato la crisi di governo. Ora Bitonci rassicura che la dichiarazione integrativa non è allo studio, almeno del governo. Ma i pentastellati restano a dir poco sospettosi. E ribadiscono: «Ci opporremo ai condoni, sia che essi dovessero arrivare con emendamenti sia nella manovra». E c’è da scommettere che lo scontro sarebbe duro. Tanto più che un conto è far digerire all’ala dura grillina le sanatorie Irpef (qui si possono sempre invocare il fisco vessatorio e i contribuenti vittime della crisi), un altro è chiedere alla base di accettare sconti per le aziende.
Sia la «rottamazione ter» sia il «saldo e stralcio» ora in vigore coprono le cartelle esattoriali datate dal 2000 al 2017. Un colpo di spugna su 17 anni che, nel primo caso si attua con lo sconto su interessi e sanzioni, e nel secondo, riservato ai contribuenti in difficoltà economica, anche con un abbattimento del debito col Fisco: si paga infatti il 16% il 20% o il 35% del dovuto secondo il proprio Isee (in ogni caso non superiore a 20mila euro) e i soggetti sovraindebitati possono chiudere i conti versando appena il 10%. Estendere un meccanismo simile alle aziende comporta diversi problemi tecnici già emersi nelle valutazioni tecniche al Mef (quali parametri utilizzare per circoscrivere quelle ammesse?). Ma più di tutto la questione è politica: come potrebbero i 5 Stelle ingoiare il condono per le imprese?