la Repubblica, 2 giugno 2019
Weah e la Liberia sono in crisi
Non è originale sottolineare che la guida di un Paese e la sconfitta della corruzione siano ben più difficili che la guida di una squadra di calcio e la sconfitta della difesa avversaria. Ma sembra evidente che l’ex calciatore George Weah non sia in grado di ripetere nel governo della Liberia i miracoli che faceva sul campo erboso. Dopo un anno e mezzo dall’elezione alla presidenza, l’ex attaccante del Milan è alla resa dei conti, con il Paese in pieno scontento e l’economia in crisi profonda. L’inflazione galoppante, al 22% su base annua, ha messo in ginocchio il dollaro liberiano. La crescita, secondo i dati del Fondo monetario internazionale, si fermerà allo 0,4%, un terzo dell’anno passato. Ma il rimprovero più comune che gli fa il popolo liberiano è quello di non aver saputo affrontare la corruzione generalizzata. L’anno scorso metà dei cittadini della Liberia ha rivelato ai sondaggisti di Afrobarometer di aver dovuto pagare mazzette a poliziotti e funzionari pubblici per ottenerne qualche servizio. Weah sta cercando di reagire con energia: nei giorni scorsi ha decapitato la Banca centrale, annunciando il ritiro entro tre mesi del governatore Nathaniel Patray e licenziando su due piedi il suo vice, Mounir Siaplay, responsabile per le politiche economiche. A fargli decidere una manovra così drastica, un’inchiesta della locale corte dei conti, secondo la quale si è persa per strada una robusta fetta dei 25 milioni di dollari Usa che Weah aveva voluto iniettare nel circuito economico per assorbire l’eccesso di liquidità del dollaro liberiano. Poco chiara è anche la vicenda di presunte imprecisioni da parte della Banca centrale nel riscontro delle operazioni di stampa all’estero di cento milioni di dollari liberiani. Ma apparentemente le responsabilità per la crisi non sono solo dell’istituto centrale: nelle scorse settimane nove ambasciatori di Paesi donatori hanno firmato una lettera in cui segnalavano la pratica governativa di stornare i fondi esteri dai programmi di aiuto e chiedevano il ritorno delle somme sui progetti d’origine. Una denuncia simile è stata firmata dalla Banca mondiale, secondo cui il governo di Weah ha distolto fondi persino dalle iniziative destinate a procurare acqua potabile o a combattere il virus Ebola, che ha ucciso cinquemila persone fra il 2014 e il 2016 e messo in ginocchio l’economia nazionale. Il “Consiglio dei patrioti” che coordina l’opposizione ha annunciato una grande manifestazione di protesta per il 7 giugno. Organismi internazionali come l’agenzia dell’Onu Unowas e la comunità economica dell’Africa occidentale Ecowas hanno messo le mani avanti, chiedendo a Weah di non usare la violenza contro le contestazioni. Ma già nei giorni scorsi membri del governo e delle Forze armate hanno lasciato capire che le proteste saranno represse duramente. E nonostante il presidente abbia garantito che il diritto di espressione della cittadinanza sarà rispettato, la tensione resta altissima.