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 2019  giugno 01 Sabato calendario

Breve storia della dinastia Kim

Il grande, il caro e il supremo leader, ma la presunta sacralità di un titolo si scontra all’atto pratico con la ferocia inaudita del peggior regime comunista. Per la famiglia Kim, guardarsi allo specchio significa vedere riflessa l’immagine del perfetto paranoico, assassino e torturatore. Quanto perpetrato ai danni dei funzionari responsabili del fallimento del secondo summit con gli Usa di fine febbraio ad Hanoi è soltanto l’ultimo episodio di una scia di crudeltà concepita fin dal 1948, anno dell’insediamento di «nonno» Kim Il Sung, proseguita con il figlio Kim Jong-il, e rinvigorita dall’attuale dittatore e nipote Kim Jong-un. Le cronache provenienti dall’intelligence di Seul parlano di cinque persone giustiziate. Il capo negoziatore Kim Hyok Chol sarebbe infatti finito a marzo davanti al plotone d’esecuzione con altri quattro funzionari, accusati di aver spiato per conto degli Usa. Kim Yong Chol, ex braccio destro del leader, sparito da settimane dagli eventi pubblici, è finito in un campo di rieducazione. Punizione in un campo di prigioni, anche per l’interprete Shin Hye Yong, accusata di aver macchiato l’autorità di Kim con un errore ad Hanoi durante il lavoro di traduzione.
Dal 2010 a oggi, Kim Jong-un ha già purgato 434 funzionari del regime, la maggior parte di loro uccisi con metodi brutali. In quello che a tutti gli effetti può essere considerato un genocidio emergono i metodi utilizzati per eliminare nemici veri o presunti: impiccagione, prigionieri dati in pasto nudi ad animali feroci, utilizzo di armi destinate alla contraeree o lanciafiamme. Le persone eliminate appartengono per lo più alla famiglia del dittatore. Se ne ricordano in particolare tre: il potente zio e politico Chang Sung Taek e il nipote ambasciatore in Malesia vennero entrambi arrestati e giustiziati, mentre un altro nipote venne isolato e privato di ogni contatto. E poi Kim Jong Nam, fratello del leader nord coreano, ucciso all’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur nel febbraio di due anni fa. Anche il resto della famiglia è andata incontro a una fine simile: il cugino è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa, la zia e la figlia sono state confinate all’estero dove vivono sotto anonimato. Nel 2014 inoltre circolò la voce del ministro della Difesa Hyon Yong Chol, giustiziato a colpi di cannone per essersi appisolato durante una parata militare.
Il capostipite Kim Il Sung ha fatto ancora di peggio, rischiando di trascinare il mondo in un conflitto planetario, partendo dalla guerra di Corea nel 1950. Scontro caratterizzato da numerosi momenti drammatici, come l’impiego dei campi di prigionia per gli avversari interni, il tentato omicidio del presidente della Corea del Sud e gli omicidi a colpi d’ascia nella zona demilitarizzata. Al figlio Kim Jong Il, nominato dopo la morte del padre nel 1994, sono riconducibili tra le altre cose il rapimento del regista Shin Sang Ok e della ex moglie e attrice Choi Eun Hee e la campagna di terrore che portò all’attentato al Boeing 707 della Korean Airline nel 1987 (115 morti). Terrificante anche un atto ufficiale «top secret», sfuggito alla censura del regime, che attesta esperimenti su cavie umane. 
Il documento è una lettera di trasferimento datata febbraio 2002, in cui un funzionario di 39 anni venne inviato in un campo allo scopo di sperimentazione umana di gas liquidi per armi chimiche. L’episodio provocò la morte di 53 persone. Il «caro leader» verrà anche ricordato per aver rinchiuso in carcere l’intera nazionale di calcio che nel 2010 ai mondiali sudafricani venne sconfitta per 7 a 0 dal Portogallo di Cristiano Ronaldo, ma anche per il potere taumaturgico (attribuitogli dalla propaganda di regime) di saper controllare la nebbia e la pioggia.