Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  giugno 01 Sabato calendario

Brasile, gli orfani che si vogliono far adottare sfilano in passerella

«Oggi le famiglie pretendenti potranno conoscere i ragazzi da adottare. Gli altri presenti, invece, potranno sapere qualcosa di più sull’adozione. Benvenuti alla nostra serata speciale: la passerella è aperta!».
È iniziata così, in un centro commerciale di Cuiabá, capitale dello Stato di Mato Grosso, la sfilata che ha diviso il Brasile. Ad organizzarla Tatiane de Barros Ramalho, presidente della commissione d’adozione dell’ordine locale degli avvocati assieme ad un’associazione che si occupa di dare visibilità ai ragazzi in fila d’attesa nelle case famiglie e centri per l’infanzia.
Sulla passerella sono saliti trenta ragazzi maggiori di quattro anni e per questo meno «richiesti». Uno a uno, sono stati presentati come modelli per un giorno tra il pubblico che entrava ed usciva dai negozi. «Lauriane ha 11 anni e con lei c’è suo fratellino di 8 anni». «Roberto ha sette anni e sfila assieme al suo migliore amico Marcos, di 9 anni».
L’evento ha scatenato un’ondata di proteste su social media e note di ripudio di diversi enti giuridici ed autorità. Il «Pantanal shopping» si è dissociato chiedendo scusa per aver ospitato l’iniziativa. Il Consiglio nazionale della giustizia e l’associazione dei giudici per l’infanzia lo ha definito inaccettabile, in primis per aver violato il principio della privacy e protezione che deve esser assicurata al minore ed è stabilita dallo Statuto per il bambino (Eca) in vigore in Brasile.
Gli organizzatori hanno ammesso che sapevano che stavano violando la tutela della privacy ma che l’hanno fatto coscientemente proprio per dare visibilità a dei ragazzi altrimenti dimenticati dalla società. «Si tratta – hanno spiegato – di ragazzi con un’autostima molto bassa, perché sono stati abbandonati dai loro genitori naturali. Si sono preparati per la sfilata e l’hanno vissuta come un gioco ma anche una forma valida di mostrarsi alla società per quello che sono, dei minori in cerca di una famiglia».
Troppo grandi
I numeri parlano chiaro; in Brasile ci sono 60.000 famiglie in lista di attesa a fronte di 5.000 ragazzi da adottare, ma il 67% di queste famiglie ha posto come esigenza che il bambino abbia meno di 4 anni e solo il 4% ne accetterebbe uno con più di 9 anni. L’«adozione in età tardiva», come viene chiamata, è un miraggio. La prima edizione della «sfilata per l’adozione» di Cuaiabà è stata realizzata tre anni fa e allora furono adottati due fratelli di 14 e 9 anni da due famiglie diverse; questo ha spinto gli organizzatori a riprovarci, ma questa volta il clamore è stato enorme. Da altri Stati brasiliani hanno fatto sapere che esistono forme più rispettose per facilitare l’adozione dei bambini più grandi.
Le alternative
A San Paolo esiste un sito consultabile da tutti con i profili dei ragazzi in cerca di adozione e l’indirizzo delle istituzioni responsabili. A Porto Alegre hanno creato un’applicazione per cellulare per facilitare l’incontro tra le famiglie e i ragazzi. A Recife hanno proiettato per un anno prima delle partite della squadra di casa, lo Sport, un video per spronare i tifosi allo stadio ad adottare «un giovane tifoso». Il bilancio di questi tre esperimenti è stato positivo, con diversi processi d’adozione già conclusi.
Solo bianchi
La legge brasiliana, in ogni caso, è molto burocratica e i tempi d’attesa sono lunghi, da due fino a quattro, cinque anni. Per questo diverse famiglie decidono di intraprendere un percorso d’adozione all’estero. Molti scelgono gli Stati Uniti, ma in questo caso prevale un’altra motivazione, che è stata criticata duramente dagli addetti ai lavori: vince il desiderio di poter «scegliere» un bimbo bianco e per questo si evitano le liste nazionali, dove il 90% dei bimbi da adottare sono neri. Una tendenza razzista diffusa soprattutto fra i più ricchi, che non fa che diminuire le chance per migliaia di ragazzi trovare una nuova famiglia.