Corriere della Sera, 1 giugno 2019
Chi erano le vittime di Jack lo Squartatore
«Se una donna scrive un libro sulle donne è una femminista e merita di essere presa di mira dai troll. Possibile?» Lo sfogo della storica Hallie Rubenhold non ha colto il pubblico del festival letterario di Hay di sorpresa. La violenza degli insulti che sui social sono rivolti a scrittori che esprimono idee fuori dalla norma è uno dei temi emerso dall’edizione in corso. Ne ha parlato ad esempio John Boyne, il cui ultimo romanzo, «Mio fratello si chiama Jessica», ha un protagonista adolescente che sta cambiando sesso. Ma un libro sulle vittime di Jack lo squartatore? Perché tanto odio?
Il punto di partenza di «The Five», che in Gran Bretagna è uscito qualche mese fa, è semplice. Chi erano le cinque donne uccise dal serial killer più noto della storia? «Potremmo riempire biblioteche intere con i libri scritti sull’assassino, anche se il materiale è sempre lo stesso, eppure sulle donne che uccise zero», ha spiegato l’autrice. Un’omissione alla quale ha riparato con un lavoro minuzioso frutto di anni di studio. Il risultato? Non erano prostitute, o almeno non tutte. «Erano donne malate, senza dimora, con una fame nera, che sono state trattate malissimo da vive così come da morte». Tanto è bastato per scatenare l’ira dei «ripperologi». «Sapevo che il libro sarebbe risultato controverso, ma non sapevo quanto», ha sottolineato.
Dalla pubblicazione ad oggi, un fiume di insulti sui social: l’accusa è che Rubenhold sia «una femminista» – «ancora oggi? Possibile?» – e che abbia «cinicamente manipolato i fatti» per inquadrare il caso di Jack lo squartatore nell’ottica MeToo. «Quando ho cominciato a scrivere questo libro il movimento MeToo non era ancora nato. È una tesi assurda e offensiva», ha risposto lamentando che le è impossibile aprire il computer o accendere il cellulare senza confrontarsi con centinaia di messaggi ignobili. «È come se ci fossero persone che si sentono proprietarie delle storie di queste donne e non accettano spiegazioni alternative». Il problema è che gli eventi risalgono alla fine del diciannovesimo secolo. Quelli che sono sempre stati considerati «fatti» – come ad esempio che le donne fossero prostitute – non sono necessariamente veri. Jack lo squartatore, così, è diventato una specie di giustiziere: uccideva donne «immorali», mentre era prima di tutto un assassino spietato che sgozzava e mutilava le sue vittime. «Il fattore sesso è sicuramente parte della leggenda: è una delle ragioni per le quali tutti oggi conoscono la storia». Non è un caso che la vittima più celebre sia Mary Jane Kelly, che era giovane e bella.
Se il mito persiste, hanno contribuito anche l’elemento mistero e la paura, ancora negli anni ‘30, che Jack, chiunque fosse, potesse tornare a colpire. «A tanti inoltre – ha precisato Rubenhold – piace pensare che riusciranno a risolvere il caso e rivelare la sua identità»’. Se tra le ipotesi ci sono che si sia trattato di un amico nobile della famiglia reale, del polacco Aaron Kosminski o del pittore Walter Sickert, la verità, con ogni probabilità, è morta con lui.