Corriere della Sera, 1 giugno 2019
Intervista a Luca Palamara
ROMA «Io sono stato infettato da un’amicizia, quella con Fabrizio Centofanti, e per questo posso essere giudicato. Ma ho avuto rapporti con lui, non con il suo mondo, gli avvocati finiti sotto processo e i loro affari». Dopo sei ore di interrogatorio (altre quattro giovedì pomeriggio) davanti ai pubblici ministeri di Perugia che lo accusano di corruzione e violazione di segreto, Luca Palamara dice di aver fornito tutti gli elementi per dimostrare la propria innocenza: «Non ho mai avuto soldi, regali o altri vantaggi, né ho mai barattato le mie funzioni di magistrato».
L’ex pm Giancarlo Longo, arrestato per corruzione, racconta di 40.000 euro versati per aiutarlo a diventare procuratore di Gela.
«È un falso, lo stesso avvocato Calafiore che avrebbe dovuto pagare quei soldi ha negato. Per fortuna si possono controllare i movimenti bancari. Sono millanterie, io Longo l’avrò visto una volta, e di Gela non mi sono mai interessato. Inoltre non ho fatto nulla per danneggiare chicchessia nella Sezione disciplinare, né avrei potuto visto che è un organo collegiale».
E i viaggi pagati da Centofanti?
«Rientrano in un rapporto che risale al 2008, Fabrizio era amico di mia sorella e ho cominciato una frequentazione insieme a varie persone, tra cui qualche magistrato. Niente di male né di sospetto, lui non mi ha chiesto niente. Degli avvocati arrestati con lui, Calafiore non l’ho mai visto, e Amara l’avrò incontrato due volte in situazioni conviviali».
Ma i viaggi pagati restano.
«Li ho pagati io, e se non ho potuto dare tutte le ricevute e prove dei versamenti è per motivi privati che ho spiegato ai pm. Qualcosa ho trovato, continuerò a cercare, ma non mi si può cucire addosso l’abito del corrotto per questo».
C’è pure l’anello da 2.000 euro per una sua amica.
«Un’altra vicenda privata che ho potuto chiarire. Nell’intercettazione in cui si parla dell’anello non sono io a parlare, ed è stata interpretata male. Di queste storie su di me si parla dal 2017, adesso finalmente so di che si tratta e mi posso difendere».
Sta dicendo che sapeva di essere indagato prima che glielo dicessero i suoi colleghi Spina e Fava?
I viaggi li ho pagati io, le ricevute non le ho trovate tutte: continuerò a cercare, ma non mi si può cucire addosso l’abito del corrotto
«Sapevo da tempo, come tanti altri, che a Perugia si indagava su quella mia amicizia; era il segreto di Pulcinella, e da quando sono rientrato in Procura questa storia mi ha danneggiato. C’era un clima avvelenato, sentivo dire “ti vogliono fregare”, che non potevo diventare procuratore aggiunto e dovevo ritirare la domanda. Questo mi ha ferito e amareggiato: ditemi che non sono bravo, ma non che c’è un’inchiesta a Perugia. Sono rimasto molto deluso, sul piano umano prima che professionale, e da lì nascono certe affermazioni in cui ora non mi riconosco».
Sarebbero quelle da cui trapelano ritorsioni contro il procuratore aggiunto Paolo Ielo? Lei cercava un procuratore di Perugia che lo mettesse sotto processo...
«È un fraintendimento. Intendevo dire, dopo aver saputo dal collega Fava che c’erano delle questioni su procedimenti gestiti insieme, che bisognava trovare qualcuno affidabile che verificasse ogni circostanza. Certi commenti esasperati sono frutto della forte tensione, io mi sentivo in trappola e cercavo una via d’uscita, ma non mi riconosco in quelle frasi».
Le ha dette lei.
«Sì, ma il significato non è quello che gli si attribuisce oggi. Non volevo danneggiare nessuno, ancora oggi mi sento un protagonista della Procura di Giuseppe Pignatone, non volevo vendette né ritorsioni contro di lui o altri».
Come spiega allora il suo appoggio alla nomina a procuratore di Roma di Marcello Viola, in discontinuità con la gestione Pignatone?
«Si cercavano soluzioni valutando possibili schieramenti e convergenze tra correnti. Non faccio più parte del Csm, ma è normale continuare a parlarne con i colleghi».
Anche con due deputati come Cosimo Ferri e Luca Lotti che sembra ce l’avessero con Pignatone?
«Ferri non ha niente contro Pignatone, e si facevano discorsi generici. Il tema era cercare di capire come superare il clima incandescente che si era creato, non danneggiare qualcuno».
Sapevo da tempo che a Perugia si indagava su di me, era il segreto di Pulcinella
Questa storia mi ha danneg-giato, senti-vo dire: «Ti vogliono fregare»
Forse volevate anche capire se con la nomina di Viola lei poteva diventare procuratore aggiunto...
«Io ero comunque in difficoltà per questa storia che aleggiava, e cercavo le ragioni dell’ostilità nei miei confronti. Ma adesso tutto questo è superato, voglio mandare un segnale di distensione. Mi interessa solo scrollarmi di dosso questa assurda ondata di fango».