la Repubblica, 1 giugno 2019
I pensionati scioperano...
ROMA – «Questa nuova politica che avanza non risolve i problemi, li peggiora. Isola l’Italia dall’Europa e dal mondo. Invita all’odio contro il diverso da cacciare. Alza muri, taglia il welfare. Ignora i giovani. Trascura donne e anziani. Silenzia la stampa e il dissenso. Per questo chiediamo a tutti, pensionati e lavoratori, di mobilitarsi. Fino allo sciopero generale in autunno». Ivan Pedretti, lei è segretario generale dei pensionati Cgil. Non è una contraddizione che siano proprio i pensionati a chiedere, oggi da piazza San Giovanni, ai lavoratori di scioperare contro il governo? Non è mai successo. «Non è mai successo che i pensionati avessero un peso così importante nel sindacato e nel Paese. Un terzo della società è fatto da anziani molto preoccupati. E che vogliono lasciare un’Italia migliore, più diritti e ambiente pulito, a figli e nipoti». Chi è più in ansia? I giovani vivono tempi duri. I nonni hanno avuto molto di più dal welfare. «Lo abbiamo detto a Renzi, lo ripetiamo anche a Lega e M5S: siamo disposti a sacrifici per aiutare i giovani. Per tenere in piedi il sistema dobbiamo lottare insieme. Loro pagano le nostre pensioni, noi sosteniamo gli studi, le paghe da fame, i buchi da disoccupati, visto che il lavoro è sempre più precario e povero. Ma di una cosa siamo certi: il governo non può continuare a usare i pensionati come bancomat per ripianare il deficit. E nemmeno per dare una risposta discriminatoria ad altri pensionati, mettendo uno contro l’altro i più deboli della società». Si riferisce a quota 100? Perché discriminatoria? Non era anche una vostra proposta? «A parte che quota 100 non esiste, siamo già a 102-103. Discrimina perché tiene fuori le donne che hanno pochi contributi e saltuari, così come gli edili. Non è una vera riforma della Fornero, perché temporanea. Non è equa. E per finanziarla questo governo ha di nuovo messo le mani in tasca ai pensionati, togliendo 3,6 miliardi di perequazione in tre anni. Riprendendosi 100 milioni subito dal conguaglio che scatta oggi». Manifestate anche per questo? «Non solo. Perché ci sono 3 milioni di anziani non autosufficienti. Lo Stato non ci pensa, defiscalizza la sanità integrativa, mentre centinaia di migliaia di persone fanno fatica a curarsi e hanno servizi diversi da Regione a Regione. Altro che autonomia differenziata: avremmo bisogno di 4 miliardi in più sulla sanità. Per non parlare del fisco. I 16 milioni di pensionati italiani pagano più tasse, a parità di reddito, dei lavoratori perché hanno meno detrazioni. Anziché pensare alla flat tax, il governo si concentrasse sulle aliquote fiscali da abbassare. I soldi si prendono da chi ce l’ha: ricchi ed evasori». In parte è stato fatto con il prelievo sulle pensioni alte. O no? «Siamo d’accordo. Ma le pensioni d’oro sono poche, mentre da anni si impoveriscono quelle medie». Fin qui siete stati silenti. È finita la luna di miele col governo? «Mai stata. Solo attenzione verso un governo che si definiva del cambiamento. Ma che non ha esitato a tradire subito il patto con i pensionati, tagliando loro l’assegno. Per poi chiamarli avari, se si lamentavano». Ma neanche la pensione di cittadinanza vi ha convinto? «Nessuno conosce i numeri. L’Inps li tace. Le persone sono deluse. Se giovani, perché lavorare se lo Stato mi dà 780 euro? Se pensionati e prendono 700 euro, perché un coetaneo ha quanto me senza aver mai lavorato o avendolo fatto in nero? Ancora iniquità». Qual è il messaggio al governo? «Sediamoci a un tavolo e vediamo come fare una riforma della previdenza seria, differenziando le aspettative di vita perché non è uguale fare l’infermiere e il bancario. Assicurando una pensione di garanzia per i giovani. Dando un valore al lavoro di cura in casa delle donne. Aggiustando il welfare, perché se invecchio male sono un peso per la società. Senza una risposta seria del governo, siamo pronti ad alzare il tono».