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 2019  maggio 31 Venerdì calendario

L’India litiga sulle sue miss

Il problema, dicono, è che siano tutte uguali. Belle, bianche, sorridenti. Bianche, nel senso che si sono schiarite la pelle, per assomigliare, nell’aspetto, a quelle star di Bollywood che tanto piacciono ovunque, anche in Occidente, non solo in madrepatria. In India, come in tutto il mondo, la bellezza fa discutere: e non si tratta di dibattiti estetici, non si parla di sublime kantiano, di gusto o di filosofia dell’arte, no, si parla di canoni troppo standardizzati, di colore della pelle che è diventato pure lui un fake, come le news, e di una certa quantità di ragazze, trenta per la precisione, finaliste di Miss India 2019, le quali, affiancate una all’altra, secondo molti osservatori sarebbero indistinguibili.
La questione dei modelli di bellezza omologati non è nuova, né in India, né in Occidente. È una polemica diffusa da anni: nei media, al cinema, nelle sfilate e nelle pubblicità l’ideale ostentato è sempre lo stesso, un conformismo della perfezione irraggiungibile, esecrabile e, nonostante ciò, per moltissime/i, invidiabile. Le trenta candidate di Miss India, che parteciperanno alla serata finale del 15 giugno, sono state selezionate in ciascuno Stato del Paese; il Times of India ha realizzato un collage dei loro volti e, sarà l’idea, sarà il formato fototessera, saranno gli abiti tutti bianchi, il risultato è che le trenta aspiranti miss, in effetti, a uno sguardo non proprio entomologico appaiono una sola, replicata.
«Sembrano cloni» ha detto qualcuno sui social; «Che cosa c’è di sbagliato in questa foto?» si è chiesto un altro, su Twitter, riaprendo una polemica annosa che riguarda non solo l’orgoglio di tenersi la pelle del colore che la natura ci ha regalato ma, anche, il giro d’affari milionario delle creme sbiancanti, un commercio fiorentissimo e alimentato, sempre di più, dall’apparente successo di chi fa ricorso alla cosmesi «schiarente». Insomma è un circolo vizioso: chi aderisce allo standard bianco-occidentale-unificato ottiene un lavoro migliore, un matrimonio economicamente allettante, maggiore prestigio sociale (spesso il colore più chiaro della pelle è stato associato alle caste più elevate) e, qualche volta, perfino lo status di stella di Bollywood, e qualche volta anche di Hollywood, come le antesignane Aishwarya Rai e Priyanka Chopra. Due donne talmente belle che forse sì, saranno anche il simbolo di un ideale sbagliato, ma che dire? Lì il canone pare avere poco a che fare, sono bellissime, sono considerate tali ovunque e la colpa non è ascrivibile all’omologazione del gusto...
È chiaro che le trenta ragazze in fotocopia sognino proprio di finire come le due, modelle, attrici, famosissime, ricchissime; e per questo hanno fatto ricorso alla strategia che, finora, ha pagato di più: conformarsi a un tipo di bellezza «standard». Però, a onor del vero, sempre bellezza è. Non si può dire che le miss finaliste siano brutte; si può dire, e molti lo hanno fatto, polemicamente, che incarnino una certa ossessione nazionale (e mondiale) nel ricercare una bellezza che, per essere apprezzata da tutti, si può definire «convenzionale», che non è sinonimo, si badi, di «ampiamente diffuso», bensì di «mediamente considerato tale». Su questo ci può essere poca discussione: i canoni, nell’ambito, esistono da sempre. Anche il vezzo di sbiancarsi la pelle è antico, così come quello di molte donne di non abbronzarsi, per rimanere immacolate. Però è vero che la foto delle trenta ragazze può suscitare, più che desiderio, o ammirazione, stupore e inquietudine: aleggia, intorno a loro, quel vago senso di robotico che si fa fatica ad associare alla bellezza, quella che fa scoppiare le guerre e, forse, salverà il mondo...