Corriere della Sera, 31 maggio 2019
Ricordi di Lucia Annibali
Sono passati cinque anni dalla sentenza, sei dall’agguato con l’acido. Ed è come se Lucia avesse vissuto tutta assieme, in questi anni, la vita che prima guardava passarle accanto. Il suo volto è cambiato nel tempo. Più di venti interventi chirurgici, laser, pomate, maschere, cheloidi da tenere a bada: lei ha sempre tenuto fede alla promessa che fece a se stessa all’inizio: niente lamenti, si sopporta in silenzio e si fa quello che si deve fare.
C’è molto di più del suo volto, in questo tempo dopo l’agguato. C’è l’impegno di Lucia sul fronte della violenza di genere, c’è la sua elezione in Parlamento per il Partito democratico, c’è la sua nuova vita a Roma e c’è il suo lavoro da deputata a favore di «donne vittime di uomini inetti», come disse nella sua prima intervista intravvedendo un po’ del suo futuro. Non più avvocatessa civilista nello studio di suo padre a Urbino: quella vita non le appartiene più.
C’è un libro scritto come fosse una terapia: si intitola «Io ci sono, la mia storia di non amore» (quella con Luca Varani, l’ex fidanzato che pianificò l’agguato ingaggiando gli albanesi Altistin Precetaj e Rubin Talaban perché il 16 aprile 2013 aggredissero Lucia con l’acido, ndr) ed è uno scrigno di ricordi, sensazioni, emozioni. Il suo scrigno. Da quel libro è stato tratta una fiction della Rai che porta lo stesso titolo e nella quale Lucia Annibali viene interpretata da Cristiana Capotondi: «La forza di Lucia è la sua lievità e la sua capacità di essersi guardata dentro senza aver fatto a se stessa sconti».
Dice invece Angelo Barbagallo, il produttore della fiction trasmessa da Rai 1 a novembre del 2016: «Questo è il racconto della storia di un’eroina contemporanea. Perché Lucia Annibali è una delle eroine dei nostri giorni. La cosa formidabile di questo racconto è che per fortuna ha un lieto fine. Cioè, nonostante Lucia sia stata così oltraggiata dalla violenza, è poi riuscita a interpretare questa cosa per diventare una donna nuova, più consapevole. Oggi Lucia saprebbe come reagire a Varani, non ci cascherebbe più».
Nella scena finale del film, Lucia Annibali, quella vera, dice: «Il bello, per me, deve ancora arrivare». Quando l’ho incontrata, qualche giorno fa, le ho chiesto se il bello, nel frattempo, è arrivato. La sua risposta: «Il bello è arrivato in realtà già il giorno in cui mi sono alzata dal mio letto di ospedale del Centro grandi ustionati e sono uscita da quella porta. Già è stata per me una grande vittoria, il momento più bello, in cui mi sono sentita profondamente orgogliosa di me stessa. Non so se lo immaginavo così. In realtà ricordo che quando ero ricoverata nel mio letto ancora nel Centro grandi ustionati, immaginavo me stessa fare discorsi ad ampie platee. Anzi, già pensavo a delle parole, a degli interventi. Poi mi sono detta “Un attimo, riposati, hai qualcosa da fare, magari ci pensi con calma”. Però devo dire che la vita è piena di soddisfazioni adesso».
Dal carcere Luca Varani non ha mai fatto nessun passo indietro. Siamo ancora lì, la sostanza è sempre quella: volevo sfregiare la macchina, mi dispiace che sia andata così ma non ho detto io ai due albanesi di fare quello che hanno fatto. Mentre era in cella è nata sua figlia, nel frattempo, la figlia concepita con l’altra donna con cui viveva ma che a Lucia continuava a negare che esistesse. Forse sarà quella bambina la leva del suo riscatto personale e sociale, o forse Varani non farà mai quel percorso di consapevolezza e di crescita che il carcere a volte riesce a tracciare.