Corriere della Sera, 31 maggio 2019
Gli 80 anni di Batman
Nero il cavallo, nero il cavaliere: mascherato e dotato di un paio di robuste ali, due pistole in pugno. Così era apparso Il Bandito Pipistrello , che fronteggiava nelle plaghe dell’Ovest l’eroico ma sconcertato Mickey Mouse, cioè Topolino. Tale era la scena nelle strisce giornaliere dei quotidiani statunitensi dal 30 aprile al 28 luglio 1934. La storia era stata pubblicata anche da noi; quando abilmente sottraevo gli albi a fumetti a mio fratello maggiore – mi ricordo – restavo meravigliato ed emozionato dalla «caccia» che il Topo più furbo di tutti aveva condotto con coraggio e spregiudicatezza ai danni di quel fuorilegge delle tenebre.
Pochi anni dopo, i fumetti mi dovevano regalare le parole e le «nuvolette» di un altro fantastico «volatile» dell’immaginazione: capace di spostarsi grazie alla sua abilità nello sfruttare delle corde da un pezzo all’altro di una modernissima città. Non più dirupi e praterie sotto il sole del West, ma arditi grattacieli che sembravano sfidare la notte. E da quelle sommità urbane faceva capolino sempre lui, Bat-Man (poi Batman) ovvero l’uomo-pipistrello. Tuta aderente viola e nera, maschera a celare il volto, e il tratto minaccioso della sua stessa ombra.
Ma – sorpresa! – questa volta il Pipistrello è al servizio della giustizia, e le sue prede sono i delinquenti di qualsiasi genere. Per i testi di Bill Finger e le matite di Bob Kane era apparso per la prima volta sul numero XXVII dell’americano «Detective Comics» nel maggio del 1939. L’ho incontrato sui mondadoriani Albi del Falco, mentre prima sfidava – ma poi aiutava – il super-eroe per eccellenza, Superman, creato un anno prima (1938) da Jerry Siegel e Joe Shuster: quello che nel nostro Paese era stato pudicamente ribattezzato prima Ciclone, e poi Nembo Kid.
I due non potevano che collaborare: non solo per la loro insofferenza del crimine e per la loro esplicita volontà di spingersi oltre i metodi della polizia ufficiale, che troppo spesso si trovava le «mani legate» dai cavilli giuridici. Sempre in nome di una giustizia più alta. Non c’è da stupirsi che entrambi si fossero costruiti un’identità fittizia (il mite Clark Kent per Superman; l’elegante miliardario Bruce Wayne per Batman: il suo segreto lo conosce solo il fido maggiordomo Alfred) in modo da poter passare inosservati prima di entrare efficacemente in azione contro il delitto.
Le analogie finiscono qui. Superman, è un giustiziere che opera alla luce del sole, senza alcuna necessità di portare una maschera. Batman, invece, eroe notturno, se ne serve per incutere timore al criminale. E sa bene che per realizzare appieno il suo essere-per-la-legge troppo spesso si deve spingere contro-la-legge; e ad allargare i confini della legalità spinge perfino il commissario Gordon, suo tramite con le forze di polizia. Per di più, Superman è un autentico straniero nella città dove opera, Metropolis; anzi, negli interi Stati Uniti, di più nel nostro Globo; viene infatti dalla catastrofe di un pianeta lontano e sono proprio le differenze fisiche del mondo in cui è nato da quello in cui si trova ad agire a garantirgli invulnerabilità e super-poteri su questa Terra.
Per Batman è l’opposto: nonostante la sua forza e la sua intelligenza, lui resta una creatura umana come tutti noi, motivato alla sua missione dal desiderio di vendicare la morte dei suoi genitori, ma sempre con pieno rischio in ogni sua impresa. Semmai, è a una tecnologia sempre più potente che si affida: super-armi e super-automobile. Quindi, ben più di Superman, è un eroe dell’artificio dell’artificiale, però i suoi creatori Finger e Kane, gli hanno presto affiancato un giovane collaboratore, Dick Grayson ovvero «Robin, il Ragazzo Meraviglia», a cominciare dal numero 38 di «Detective Comics» (aprile 1940).
Con il Ritorno del Cavaliere Oscuro (testo e disegni di Frank Miller, 1986) – vero punto di svolta, Batman assume un carattere molto più duro e la vicenda si fa più violenta. Ovviamente l’oscuro cavaliere è sempre lui. Conosce metamorfosi e rinascite grazie agli innumerevoli autori che hanno via via dato forma alle sue avventure. È passato, spesso accompagnato da chi impersona il fedele Robin, attraverso trasposizioni radiofoniche e televisive. Poi è venuto il cinema: un Batman (per la regia di Leslie H. Martison) è del 1966. Poco più di un ventennio dopo Tim Burton ha realizzato il suo Batman (1989) seguito da Batman. Il Ritorno (1992). Il fatto vero è che il giustiziere «oscuro» ma così umano («troppo umano») non se ne è mai andato dalla sua Gotham, la cui gente è ancora in attesa che lui audacemente si cali dall’alto per mescolarsi alla folla e dare vita a una sua nuova leggenda metropolitana.