la Repubblica, 31 maggio 2019
Le 38 inchieste aperte contro la Lega
Il viceministro, fino a ieri mattina, Edoardo Rixi, con le sue ostriche, i biscottini e i gratta e vinci rendicontati come spese istituzionali per il Consiglio regionale della Liguria, ha mostrato la dimestichezza con una mala amministrazione antica.
Dal maggio 1994 ad oggi la Lega è stata in un esecutivo nazionale per cinque volte e ha avuto centinaia di incarichi locali. E in diverse occasioni è inciampata in un magistrato. Ormai sono preistoria politica le condanne di Bossi e del figlio “Trota”, i problemi giudiziari di un Roberto Maroni ritirato dalla scena e mai davvero fuori, ma la vicenda della maxi- restituzione a lunghissime rate di 49 milioni di euro di rimborsi elettorali salda – su un piano giudiziario e dei comportamenti – il prima e il dopo, il fondatore e l’ultimo segretario, la Padania di Bossi e la grande Lega nazionale del Matteo Salvini al 34,3 per cento. Passando per il tesoriere- faccendiere Francesco Belsito.
Ecco, l’ultima Lega di governo ha vinto le elezioni europee con 38 questioni giudiziarie aperte. Riguardano 72 amministratori in otto regioni italiane. In alcune si è insediata solo negli ultimi mesi. Una ricognizione di Repubblica ha fatto emergere le inchieste in corso a carico dei leghisti, i rinviii a giudizio, in alcuni casi le condanne di uomini della Lega di Salvini di primo, secondo e terzo livello. Sono due i viceministri coinvolti, quindi un sottosegretario, il presidente della Regione Lombardia, un filare di sindaci e assessori. Due eurodeputati. Molte delle inchieste sono per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio, tante sono concentrate nella sempre più calda Lombardia.
Salvini ha dovuto subire il recente smacco della revoca dell’incarico di governo al sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, indagato per una tangente da 30 mila euro: accusato di un triplice tentativo di inserire una norma sull’energia eolica in Legge di bilancio. L’ex sottosegretario sarebbe stato corrotto da Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia ora in area Lega e in affari con imprenditori considerati vicini alla mafia. Siri, va ricordato, nel 2014 patteggiò una condanna a un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta.
C’è un terzo uomo di governo a processo per corruzione: è Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia. Deve rispondere di turbativa d’asta e la procura ha chiesto due anni (il processo si apre il 13 giugno). Si parla di una gara da undici milioni di euro indetta dalla Regione Lombardia, di cui il leghista è stato assessore al Bilancio, per il trasporto degli ammalati in dialisi. Secondo la Procura, nel 2014 Garavaglia si attivò per fermare l’assegnazione del servizio e far rientrare le Croci dell’Alto Milanese, il suo territorio.
In Lombardia, storico bacino elettorale, i guai della Lega sono vari, in alcuni casi comunicanti. Il nome più forte entrato in un’inchiesta è quello di Attilio Fontana, presidente della Regione in successione a Maroni. È accusato di abuso d’ufficio in una maxi-indagine che in tutto ha portato all’esecuzione di 43 ordini di custodia cautelare. L’episodio contestato al governatore è la nomina del socio di studio Luca Marsico (Fontana è avvocato) a un incarico al Pirellone. L’indagine riguarda poi Paolo Orrigoni, ex candidato sindaco di Varese: deve rispondere di corruzione. Avrebbe intascato 50 mila euro per inserire una variante urbanistica al Piano regolatore di Gallarate per consentire la nascita di un supermercato.
Il sindaco di Legnano, Gianbattista Fratus, è finito ai domiciliari per turbativa d’asta e corruzione elettorale insieme al vice e all’assessore alle Opere pubbliche. La Procura di Bergamo ha aperto, ancora, un nuovo filone sui conti della Lega: qui si parla dell’imprenditore Luca Parnasi e nel fascicolo è entrato il tesoriere del nuovo Carroccio, Giulio Centemero. Sempre a Bergamo, per l’inchiesta sul carcere nel giugno 2018 è stato indagato l’ex assessore regionale Giovanni Malanchini, ora consigliere. Per turbativa d’asta e peculato è stato invece condannato l’ex sindaco di Adro, Oscar Lancini (la Corte d’appello, però, ha annullato il processo). Eurodeputato confermato dopo le elezioni di domenica scorsa, Lancini da sindaco fece tappezzare la scuola del suo paese in provincia di Brescia con 700 “soli delle Alpi”, simbolo leghista per eccellenza.
Nel maxi-processo Rimborsopoli per la Regione Lombardia, sono tredici le condanne che toccano esponenti della Lega. Tra questi, Massimiliano Romeo, attuale capogruppo in Senato, e Angelo Ciocca, passato alla storia per aver calpestato con una scarpa i fogli del discorso del commissario europeo Moscovici. Ciocca è stato appena rieletto a Bruxelles con novantamila preferenze.
Merita di essere osservata la recente penetrazione leghista nell’Italia meridionale: qui sono stati avviati diversi procedimenti giudiziari che riguardano amministratori del partito. In Sicilia la Lega sembra aver conosciuto le degenerazioni della vecchia politica. Per acquisire pacchetti di voti ha allargato le braccia ad Angelo Attaguile, già eurodeputato centrista, indagato dalla Procura di Termini Imerese per un voto di scambio a ridosso delle politiche del 4 marzo. Antonino Rizzotto detto Tony, primo deputato regionale siciliano della Lega Nord-Noi con Salvini, è accusato di appropriazione indebita aggravata ai danni dei dipendenti dell’Isfordd, l’istituto di formazione per disagiati e disadattati sociali.
Diverse procure si sono dovute occupare dell’istigazione all’odio razziale di alcuni leghisti. È stato condannato in primo grado il sindaco di Pontinvrea, Matteo Comiciottoli. Diffamazione aggravata. Aveva augurato l’arrivo a casa Boldrini degli stupratori (stranieri) di Rimini. Contro l’ex ministra Cécile Kyenge si sono scagliati – rappresentandola come un orango o usando questa parola – sia l’attuale vicepresidente del Consiglio regionale dell’Emilia Romagna, Fabio Rainieri, che l’ex ministro Roberto Calderoli, oggi vicepresidente del Senato. Entrambi condannati. Il senatore Simone Pillon è stato condannato a Perugia per omofobia. Il leader Matteo Salvini, a sua volta, ha tre processi in corso: sequestro di persona (i migranti sulla nave “Sea Watch 3"), vilipendio della magistratura (in un comizio in cui difendeva proprio Rixi) e vilipendio alle istituzioni costituzionali («Boldrini sosia di una bambola gonfiabile»). Tre processi e una condanna. Questa per aver tirato le uova, mancandolo, a Massimo D’Alema.