Avvenire, 30 maggio 2019
Putin ha un problema con la classe media
Sarà anche lo “Zar” ma se non si allena ad abbassare lo sguardo sul suo Paese reale, Vladimr Putin rischia di perdere il consenso di quella classe media che che rappresenta circa il 42% della popolazione ed è uno dei suoi principali bacini elettorali.
Le performance dell’economia russa lasciano a desiderare e i consumatori continuano a chiudere le corde della borsa: se prima avevano tagliato le spese solo per i beni di lusso, adesso spendono meno anche per generi alimentari di prima necessità e vestiti. Un brutto segnale per il presidente. L’allarme è confermato da un report redatto da Romir, la società di ricerca più importante del Paese, condotto questo mese e che ha preso in considerazione le abitudini dei consumatori nei primi tre mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018.
I dati parlano chiaro: il 24% degli intervistati ammettono di risparmiare sul cibo, il 29% sugli spostamenti e il 23% sui vestiti. Il 13% è arrivato persino a ridurre il consumo di alcol e sigarette, dei quali i russi sembrano proprio non poter fare a meno, mentre il 7% ha dovuto compiere la difficile scelta di tagliare su attività sportive e soprattutto cure mediche. Il dato è confermato anche dal Gks, l’Istat russo, secondo il quale già nel 2018 il 48,2% dei proprietari di casa non si poteva permettere altra spesa se non quella fondamentale per il cibo o i vestiti. Secondo Andrei Milekin, presidente di Romir, la causa di questa brusca diminuzione è stata dall’aumento dei prezzi da una parte e la stagnazione degli stipendi dall’altra, che ne provoca una diminuzione del potere di acquisto. Da considerare, è anche l’aumento del-l’Iva locale, passata, dal primo gennaio scorso, dal 18 al 20%. Pochi soldi, merce troppo cara, e quindi si compra meno. Il problema è che le abitudini dei consumatori hanno un impatto diretto anche sul Pil del Paese. Proprio proprio nel primo trimestre del 2019, la crescita dell’economia nazionale ha fatto segnare appena lo 0,5%, il valore più basso dallo 0,3 dell’ultimo trimestre del 2017. La Banca centrale russa ritiene che sia un effetto temporaneo e che a fine anno la crescita del Pil potrebbe essere fra l’1,2 e l’1,5%. Sta di fatto che ad andare male non ci sono solo i consumi, ma anche i risparmi. Il costante indebolimento degli stipendi ha portato molti nuclei familiari a dover rinunciare anche all’accantonamento di risorse. Secondo una ricerca condotta dalla società Levada, il 65% delle famiglie russe non riesce a risparmiare. Come per i consumi, su
questi dati influiscono le sanzioni dell’occidente, che hanno reso più cari molti prodotti e il calo del prezzo del petrolio e che dal 2012 non ha mai smesso di aumentare.
Ma per la classe media russa c’è un’aggravante che rischia di rendere le cose ancora più difficili per il presidente Putin, e non è tanto la portata numerica del problema – milioni di persone – ma soprattutto la sua composizione. Come hanno fatto notare molti economisti, il ceto medio russo è anche ampiamente dipendente dal settore pubblico, soprattutto per quanto riguarda sanità, impiego e trasporti. Tutti ambiti in cui Putin vorrebbe applicare una serie di riforme, soprattutto quella delle pensioni. Che rischia di portare anche un ulteriore impoverimento della popolazione, ma soprattutto un’ondata di proteste contro un presidente abituato a un consenso plebiscitario.