Avvenire, 30 maggio 2019
Pagnoncelli: «Il cattolico un elettore come gli altri»
In politica, un po’ come i sogni, le opinioni son desideri. E con quelli degli elettori bisogna andarci cauti. Ne è convinto Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos, che di fronte all’ultimo sondaggio, presentato a ’DiMartedì’, la trasmissione di Giovanni Floris, ammette: «Quel 57% di italiani che oggi ritiene stabile il governo è fatto di tanta gente preoccupata che in un momento così delicato il Paese resti senza una guida».
A Salvini conviene una crisi di governo?
Staccare la spina è una grande responsabilità e non sempre produce i risultati sperati sul piano dei consensi. Bisogna avere argomenti forti per spiegarlo.
Non basta più Facebook?
Il registro emotivo della comunicazione politica funziona ancora e funzionerà per parecchio tempo; il problema vero tuttavia non è che il cittadino non chieda spiegazioni, ma che sia in grado di capirle. Purtroppo, siamo di fronte a un crollo delle conoscenze diffuse nella popolazione. Anche sui temi di cui si parla spesso. Prendiamo lo spread: dai nostri sondaggi si evince chiaramente che solo un italiano su quattro sa davvero cosa sia.
Per votare ci vuole la laurea?
Per votare ci vuole una comprensione vera dei problemi
che sta diventando inaccessibile ai più.
Non mi dica che il contadino bergamasco sapeva interpretare le convergenze parallele di Aldo Moro…
C’è sempre stato un divario tra la politica discussa e la sua comprensione, ma prima vi erano dei sistemi culturali e di valori cui ciascuno faceva riferimento per interpretare le proposte politiche che adesso non esistono più. Aggiungiamo che il Paese è caratterizzato da bassa scolarità e che la diffusione dell’informazione sulla rete internet ha alimentato la presunzione della democrazia della conoscenza; ci sono sacche di ignoranza e l’ipertrofia dell’informazione accessibile a tutti - la cosiddetta infobesity - aumentano la confusione, non il contrario. I sondaggi dimostrano che proprio l’uso massivo del web rende incapaci di distinguere notizie vere da notizie false. I social, poi, dovrebbero essere il regno del confronto e invece confermano le nostre convinzioni: ci si seleziona in base alle affinità, al comune sentire e chi non è d’accordo viene aggredito o espulso.
Esiste una regia occulta?
Non c’è un grande vecchio, a meno di non immaginarlo come un grande algoritmo che legge le nostre scelte e ci presenta notizie o proposte d’acquisto affini a quelle che abbiamo scelto il giorno o l’anno prima. In questo modo sembra di poter disporre di un’informazione su misura, in realtà si perde la capacità di contestualizzare le notizie e gerarchizzarle.
Con quali conseguenze politiche?
Appartenenze indebolite e più personalizzazione: la politica diventa un frammento dell’identità individuale, non caratterizza più la storia della persona, non esprime più una visione del mondo, è pragmatica e coinvolge in modo parziale chiunque di noi. Non a caso, un quarto degli elettori decide cosa fare solo nell’ultima settimana.
Quali partiti sanno trarne vantaggio?
La Lega vince con la personalizzazione e la semplificazione del messaggio, che orienta verso temi popolari, che incrociano le emozioni più diffuse. La paura dello straniero è una di queste. Ma il successo non è solo una conseguenza dei temi: si assiste a una identificazione con il vivere che è molto forte. il politico è uno di noi perché ’parla come parlerei io’ e dice a Battisti ’marcirai in galera’. Non parla come uno statista ma come il vicino di casa. Lo votano per questo.
Eppure il partito della ’web democracy’ sta crollando…
Il M5s è partito con un elettorato trasversale, da sinistra a destra, unificato dalla protesta; condizione ideale se sei all’opposizione, ma la peggiore se sei al governo perché ogni decisione significa perdere dei voti. E, in ogni caso, il web non basta perchè il radicamento territoriale continua ad essere importante.
Come valuta la ripresa del Pd?
Non è un fenomeno mediatico, è il ritorno dei delusi. Zingaretti ha riportato a casa una parte dell’elettorato del Pd che nel 2018 si era astenuto perché deluso da Renzi.
E Forza Italia perde quelli di destra...
Soffre anche perché non ha avuto alcun ricambio ai vertici. Restano i fedelissimi.
In questa redistribuzione, dove vanno i cattolici?
Il processo di frammentazione identitaria riguarda anche loro. Se la politica è un frammento anche la fede religiosa lo è; e spesso non conforma i comportamenti dei credenti. Dal che deriva la tendenza alla religione ’fai da te’, il ricorso alla ’coscienza’. Posso amare papa Francesco e volere i porti chiusi. Il cattolico vive in que-st’Italia e si comporta da elettore. Punto.
Lo avete monitorato?
Certo. Sappiamo che tra i praticanti settimanali prevale ormai la componente anziana, meno secolarizzata e che vive nei piccoli centri, attenta alla tv più che ai giornali e quindi più esposta agli allarmi sociali.
In termini di voti, cosa significa?
Se alle politiche il 30,9% di coloro che va a messa la domenica votava M5s, il 22,4 votava Pd, il 16,2 Forza Italia e il 15,7 la Lega, domenica scorsa è cresciuta l’astensione e il 32,7 per cento - cioè solo un punto e mezzo meno - ha scelto Salvini, il Pd è cresciuto con il 26,9, il M5S è precipitato a 14,3 e Forza Italia a 9,9. E il 6,1 ha votato la Meloni. La Lega quindi un anno fa era il quarto partito tra i praticanti, mentre oggi è il primo.