ItaliaOggi, 30 maggio 2019
Periscopio
Mordersi la lingua: solo le punte biforcute. Dino Basili. Uffa news.L’abito non fa il monaco. Il clergyman meno che mai. Gesualdo Bufalino, Bluff di parole. Bompiani, 1994.
Salvini può decidere di imboccare la strada del Front National lepenista: commetterebbe un errore perché Le Pen è erede della storia di Vichy, la Lega invece non ha nulla a che spartire con il fascismo. Ernesto Galli della Loggia (Annalisa Chirico). Il Foglio.
Razzista è chi ritiene di appartenere alla razza giusta, egoista è chi non crede in nulla, tranne che ai suoi privilegi. Proprio a cominciare dalla sinistra frou-frou. Beppe Grillo, comico (Pasquale Elia). 7.
Cohn Bendit, alla frase di Horkheimer («Chi non vuole parlare del capitalismo deve tacere anche del fascismo») opponeva quella di Semprùn, sopravvissuto a Buchenwal: «Chi non vuole parlare dello stalinismo deve tacere del fascismo». Massimo De Angelis, Post. Guerini e associati, 2003.
La Rai è l’azienda dove vige l’irremovibilità a vita dei suoi dirigenti, giornalisti e no. Direttori (e vice) un giorno, direttori (e vice) per sempre, benefit compresi. Qualcuno non funziona più nel posto che occupa? Si mette di lato, prende lo stipendio, spesso si impanca a vittima del sistema, e aspetta il prossimo turno, tanto il seggiolino della giostra ripassa. Carlo Verdelli, Roma non perdona – Come la politica si è ripresa la Rai, Feltrinelli. 2019.
Quello che non è sopravvissuto, ahimè, in Rai è il talk show. Se faccio un giro tra i canali ho la netta impressione che sia un morto che cammina. È la politica che non funziona. Fiacca, demagogica, urlata. Gestita da comprimari che si sentono tenori. Angelo Guglielmi, critico letterario (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Erri De Luca cominciò a riflettere sui propri meriti, dalle scalate, ai libri, alle lotte civili, e decise di erigersi un monumento in vita. Nel 2011, creò la Fondazione Erri De Luca consacrata a se stesso e bipartita in «Fondo Lc», con reperti e pubblicazioni sul fu movimento e in «Fondo EdL», sulla propria opera letteraria: l’intera collezione, le critiche, i filmati, i saggi su di lui e un premio annuale alla migliore tesi di laurea dedicata ai suoi scritti. Giancarlo Perna, saggista politico. LaVerità.
Siamo sottomessi all’ipocrisia anche dei critici. Fino a Va’ dove ti porta il cuore erano sprezzanti, ma paternalistici. Avevo quell’aria da ragazzina... Con Anima mundi si è scatenato il furore: hanno capito che ero fuggita dal recinto in cui avrebbero voluto chiudermi, quello dei libri sentimentali. Che poi, molti di loro poi hanno scritto proprio dei libri sentimentali, e pure di cattivo gusto; solo che nessuno lo ha detto, perché loro avevano gli amici nei posti giusti. Susanna Tamaro, scrittrice (Eleonora Barbieri). Il Giornale.
I borghesi di un tempo avevano fatto nascere la loro cultura, la difendevano e la propagandavano a loro spese, senza attendere l’intervento dello Stato, come accadde con la fondazione del Touring Club che «in un anno fece conoscere il loro paese più di tutte le scuole pubbliche». Leo Longanesi, Ci salveranno le vecchie zie?. Longanesi, 1953.
Le sale dell’appartamento di François Mauriac sono larghe, piene di paralumi, telegrammi, scatole di dolci, libri sui miracoli, dischi di ballabili messicani accatastai per terra. Sulle pareti bianche, i quadri hanno un aspetto 1920, mondano; e qualche ritratto fa abbastanza Bernardino Palazzi. Alberto Arbasino, Parigi o cara. Adelphi, 1995.
A poco a poco, con la lenta navigazione di una chiatta, la città di Venezia si metteva a fuoco. Era in bianco e nero, come si addice a un’immagine che affiora dalla letteratura, o dall’inverno: aristocratica, un po’ fosca, fredda in una luce scialba con accordi di Vivaldi e Cherubini per sottofondo, con corpi femminili drappeggiati, quelli di Bellini/Tintoretto/Tiziano, al posto delle nuvole. Josif Brodskij, Fondamenta degli incurabili. Adelphi, 1991.
In genere, quelli degni di disprezzo lo sono sotto i due profili. Così si spiega che me la faccia poco con la cosiddetta «gente comune». Il mio massimo piacere è leggere e studiare; esco di rado; quella deliziosa bonomia napoletana che cinquant’anni fa ti incantava, e avresti passato ore a chiacchierare con un passante, è quasi scomparsa. Così, se per caso mi trovo su qualche mezzo pubblico, la vita quotidiana mi meraviglia e sovente mi disgusta. Paolo Isotta, storico della musica. Libero.
In Russia i frequentatori delle biblioteche pubbliche, trascurati nell’aspetto, trasandati nel vestire, eccitati, fumatori ossessivi, gran parlatori tra sé e sé, nervosi, esaltati sono un po’ come la gente in Italia nelle agenzie ippiche, sembra quasi che aspettino, da un momento all’altro che la loro frequentazione della biblioteca possa cambiare la loro vita. Paolo Nori, La grande Russia portatile. Salani editore, 2018.
Da Pometo, capitale della divisione partigiana «Matteotti», da Zavattarello, garibaldini; da Romagnese, giustizia e libertà, scendevano a sera i gialli camion partigiani sottratti alla Wehrmacht verso gli argini del Po e lungo la via Emilia, tra Voghera e Stradella. Ecco, col berretto da SS, Fusco, che quasi ogni notte si guadagna una uniforme, e il «capitano Giovanni» che si getta nelle mischie così come uno sciatore si getta in picchiata. Italo Pietra, I Grandi e i Grossi. Mondadori, 1973.
Mio padre riconosceva gli uccelli dal loro canto e ogni sera guardava il cielo per vedere che tempo avrebbe fatto, freddo e secco se era rosso, pioggia e vento quando la luna era nell’acqua, ossia immersa nelle nuvole. Ogni pomeriggio filava nel suo orto, sempre impeccabile. Avere un orto sporco, con le verdure mal curate, era un segno di trascuratezza al pari di non prendersi cura della propria persona o di bere troppo. Annie Ernaux, Il posto. L’Orma, 2014.
Lei mi lasciava sempre con il cuore tenero e il resto invece... Marcello Marchesi, Guida ai grandi aforisti. Odoya, 2018.
La volontà non basta: ci vuole fede. Roberto Gervaso. Il Messaggero.