la Repubblica, 30 maggio 2019
Quando J.D. Salinger fu bocciato dall’Einaudi
C’è molto fervore qui per Catcher in the Rye di J.D. Salinger. Spero riusciate a farci qualcosa di buono in Italia». È il 3 luglio del 1951, a scrivere è Patricia Cork, e questo è un bollettino di aggiornamento indirizzato all’Agenzia Letteraria Internazionale, inquelmomento condotta da Erich Linder (1924-1983). Mancano poco meno di quindici giorni all’uscita americana di uno dei più importanti romanzi del Novecento e Patricia Cork lavora alla Hughes Massie di Londra, una specie di centro smistamento per l’Europa della Ober Associates, l’agenzia che controlla Fitzgerald, Agatha Christie, Faulkner e molti altri. C’è una scheda in uno dei classificatori dell’archivio Linder, a Milano, presso la Fondazione Mondadori, in cui si evince che il 19 luglio la copia di The Catcher in the Rye è partita destinazione Torino. L’altra cosa che c’è scritta nella scheda è che ad agosto l’Einaudi ha reso il libro. Ripeto: ha reso The Catcher in the Rye. Non c’è traccia di chi l’abbia letto e rifiutato, nemmeno nei verbali Einaudi – si presume che tutto sia avvenuto via telefono. Non sappiamo perché l’Einaudi si sia lasciata sfuggire l’acchiappatore nella segale, ma vogliamoraccontare la storia di trepersone chedi questo librone hanno intuito subito la forza. Il primo è Gherardo Casini (1903-1994); nel 1951 è un piccolo ma ambizioso editore romano. La casa editrice è nata due anni prima e si è distinta per intraprendenza e un certo azzardo. Casini ha iniziato fondando e dirigendo riviste con la parola “fascista” nel nome. Aldo Camerino (1901-1966) è il suo consulente di riferimento, e a noi interessa parecchio perché è colui che si accorge di Salinger. Americanista, francesista, traduttore e curatore di Joyce, Éluard, Steinbeck e Wilde,Camerinoteneva regolare corrispondenza con Gadda, Palazzeschi e Pavese. Il terzo è Jacopo Darca (1898-1980), e qui la storia si fa avvincente, perché il nome in realtà è lo pseudonimo di Corrado Pavolini, fratello del gerarca fascista Alessandro. Quando Holden è in lettura all’Einaudi, Casini – che non ha ricevuto alcuna informativa da Linder – gli manda una cartolinacon queste sole parole: «Ci interesserebbe vedere The Catcher in the Rye ». Non sappiamo qual è la risposta ma di certo il primo settembre il libro parteper Roma ea dircelo è il solitocartoncino dello schedario. Il 5 novembre Linder scrive a Patricia Cork riportandole le condizioni che ha ottenuto da Casini: 40 sterline di anticipo (1500 euro di oggi, roba da esordiente) e una scaletta di diritti istituzionale. Linder spedisce a Casini i contratti in quintuplice copia con un biglietto: «Il libro deve essere pubblicato entro il 1952; particolare cura dovrà essere dedicata alla traduzione che dovrà rispettare le particolari esigenze stilistiche che l’opera pone». I contratti, sì, i contratti. È da quasi mezzo secolo che gira una voce infame sul Catcher di Casini: hanno parlato di “edizione pirata”, di “pubblicazione clandestina”, di “uscita senza autorizzazione” e i pappagalli della rete hanno berciato. L’edizione Casini non solo è regolarissima ma è, dopo quella portoghese, la prima traduzione al mondo di Holden. Ma di voce irriguardosa ce n’è pure un’altra, e ha origini nobili.
Verbale della riunione editoriale del 5 novembre 1958, mercoledì, ovviamente; presenti, tra gli altri, Einaudi, Calvino, Bobbio, Fruttero e Lucentini, Ponchiroli. Oggetto? Indovinate un po’?Acirca metàsi legge: «Calvinocondivide il giudizio estremamente favorevole di Fruttero su questo romanzo, uscito qualche anno fa da Casini in una pessima traduzione (…). Il consiglio è d’accordo su una riedizione». Certo, non deve essere piaciuto all’Einaudi che The Catcher inthe Rye sia stato pubblicato da un signore che pochi anni prima era un fascista convinto e tradotto dal fratello di un gerarca fedelissimo. Ma perché l’ Holden di Casini nonha successo?È davverocosì brutta la traduzione? Vita da uomo viene stampato nel luglio del 1952, pochi mesi dopo che Casini ha pubblicato – col suo solito intuito eclettico – Dianetica di Ron L. Hubbard, il fondatore di Scientology. Il libro non si presenta bene: è una brossura modesta, avvolta da una fascetta ansiogena («un libro scandaloso o profondamente morale?»). Titolo e copertina sono sballati. Vita da uomosuona troppo neorealista e quindi ammiccante, maanche duro,respingente. In copertina l’ Armand Roulin dipinto da Van Gogh è tanto malinconicamente diverso da Holden: anche lui è scappato di casa, ma è andato a fare il fabbro. Il lettering dozzinale dà il colpo di grazia.
«Pessima traduzione» aveva detto Calvino; “brutta”, “mediocre”, “molto spigolosa” hanno grugnito altri. Il mancato successo conferma le misteriose leggi dell’editoria, ma non va imputato al povero Corrado Pavolini mascherato da Jacopo Darca. La sua è una traduzione perfino pionieristica, robusta, piuttosto aderente all’originale e alle convenzioni letterarie di quegli anni; è invecchiata, certo, ma brilla ancora per le tante intuizioni e la restituzione dellospirito del tempo. Einaudi pubblica Il giovane Holden nove anni dopo, nell’autunno del 1961, quando il libro è un successo mondiale da più di duecentocinquantamila copie all’anno nei soli Stati Uniti. La traduzione di Adriana Motti ha dato senz’altro più slancio al testo, reiventando in italiano una lingua che era solo di Holden. Arrivano le critiche, tante, perfino per il titolo, ma anche le copie vendute. Linder può finalmente inviare report soddisfacenti aOber e alla Cork, e godersila sua meritata percentuale. Solo Holden è rimasto lo stesso inafferrabile bugiardo che travalica ogni traduzione. «Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate cominciano a mancarvi tutti», ce lo raccomanda lui stesso, accoratamente, per una volta con le parole di Darca.