Corriere della Sera, 30 maggio 2019
I tifosi sono sempre meno e sempre più vecchi
Che il nostro calcio non se la passasse bene lo sapevamo già, non è più un mistero per nessuno, da un pezzo. Stadi in rovina, spettacolo scarso, bassa competitività. Diverse le cause, un unico effetto: la serie A perde i colpi. Pochissimi i dati incoraggianti che fanno sperare in un’inversione di tendenza. L’ultima botta l’ha data un interessante studio firmato StageUp-Ipsos che certifica un trend sinistro: calano i tifosi e quelli che restano sono sempre più vecchi.
«La serie A nel XXI secolo: evoluzione dell’interesse, del tifo e dei ritorni per gli sponsor», questo il titolo dell’indagine, realizzata su un database dal 2000 al 2019. I tifosi, quelli cioé che si definiscono tali, sono sempre meno: nel 2001/02 erano il 92% degli interessati al calcio, oggi il 77%. E sono sempre più vecchi. I ragazzi cercano altro: il pallone, almeno quello nostrano, non è più fra i primi interessi.
I numeri non lasciano spazio a molte interpretazioni: gli appassionati mostrano un costante invecchiamento, in particolare la quota di 14-34enni che scende dal 49% del 2001/02 al 36% di adesso. Significa che s’è persa una fetta importante di mercato. Come recuperarla? Partendo ovviamente da un’analisi seria sulle modalità di fruizione. Il calcio di oggi si guarda in un altro modo, sempre meno in televisione e sempre più sullo smartphone. Serve quindi individuare strategie alternative per avvicinare il pubblico più giovane. Potenziare ad esempio le app delle squadre, come auspicava giusto ieri in un’intervista alla Gazzetta dello Sport anche l’a.d. del Milan, Gazidis. Negli States, fra Nba o baseball, fruttano milioni. In Italia, niente. Occorre un cambio di mentalità rapido. Secondo Deloitte, la Premier genera ricavi per 5,4 miliardi, la Bundes 3,1, la Liga 3 e la A solo 2,2. Gli altri studiano, investono. Noi no.
Un lato (lievemente) positivo nella radiografia StageUp-Ipsos c’è: il torneo 2018/19 è stato seguito da 30,3 milioni di persone, +1% rispetto all’anno prima. L’effetto CR7. Che però non durerà in eterno.