La Stampa, 29 maggio 2019
I super-laser che vedono l’invisibile
Se abbiamo una comprensione solo infima dei meccanismi a cui si aggrappa la vita e si mantiene negli organismi, è perché questi scorrono tra atomi, nei segnali di un mondo invisibile. «Scariche» elettriche tra neuroni, dialoghi tra ormoni che sanno il fatto loro da milioni di anni su come si amministra il dilemma «combatti o fuggi» di fronte al pericolo, guerre tra virus e anticorpi. Da quando, però, la meccanica quantistica non è più solo teoria, ma è tecnologia, abbiamo sviluppato mezzi per «misurare» questi trucchi della biologia.
Ne sa qualcosa Marco Genovese, ricercatore dell’Inrim, l’Istituto nazionale di ricerca metrologica di Torino, ospite, con una squadra di colleghi, dell’evento di oggi all’Accademia delle Scienze, «Dalle bizzarrie del mondo dei quanti alle tecnologie quantistiche: verso la metrologia quantistica»: l’occasione è il convegno «Quantum 2019 ad memoriam of C. Novero».
Da Galileo a oggi le nostre lenti si sono spinte ai buchi neri, ma vale anche il contrario, con le visioni dell’infinitamente piccolo. «Spesso oggetti minuscoli, come gli elementi biologici, assorbono poco la luce, a causa delle dimensioni, e - spiega Genovese - se li volessimo “illuminare” li danneggeremmo: la tecnologia quantistica ha invece aggirato il problema». Come? «Da un lato è possibile osservare oggetti debolissimi a bassa illuminazione grazie alle proprietà quantistiche della luce, dall’altro è possibile infondere nano-diamanti (delle dimensioni di un miliardesimo di metro, ndr) nel flusso sanguigno e misurare le correnti cellulari grazie ai comportamenti quantistici di questi elementi. E così si prendono di mira anche le funzioni cerebrali: pensiamo a quanto sarà utile per svelare le malattie neurodegenerative».
Guardare «fiorire» geni silenziati in risposta agli stimoli, studiare le proteine come catene di montaggio e molto altro: «Ciò che si basa sullo scambio di particelle (elettroni, protoni, neutroni), come i mutamenti nei legami tra atomi a formare molecole, può essere analizzato dal punto di vista quantistico ed è molto preciso. Lo sapevamo, ma ci mancava la tecnologia…». La metrologia quantistica, infatti, ha avuto diverse fasi. Oggi - dice Genovese - «siamo nella seconda rivoluzione quantistica. I primi computer quantistici sono realtà e ci consentiranno di eseguire calcoli impensabili fino a 10 anni fa. Immaginiamo di volere fattorizzare un numero di 100 cifre, cioè scomporlo nei suoi numeri primi: un calcolatore tra i 10 e 30 Ghz ci metterebbe alcuni miliardi di miliardi di miliardi di anni (molto oltre la vita dell’Universo), a fronte di pochi minuti di un computer quantistico». E anche i laser utilizzati sono «super»: abbattono le «soglie di rumore» e aumentano la risoluzione di ogni misurazione.
Si parla di applicazioni biologiche, ma la metrologia quantistica - con le sue tecnologie - ha applicazioni ovunque. L’esempio della fattorizzazione ci spiega quante combinazioni potrebbero avere i meccanismi di criptazione. E, intanto, la corsa ai computer non si ferma: Ibm è arrivata a produrre un computer da 20 qubit (il qubit è l’analogo quantistico del bit classico: due qubit possono eseguire quattro operazioni contemporanee, quattro qubit eseguirne 16 e così via: con 300 qubit si può arrivare, potenzialmente, a più operazioni di quante particelle sono presenti nel cosmo). «Nel decennio che sta per cominciare - sostiene Genovese - avremo questi apparecchi. Ma è probabile che non li terremo in casa. Saranno sparsi come i server di oggi, a cui collegarsi da remoto». Ci aiuteranno nella radaristica, monitorando dagli aerei alle lucciole, o potenzieranno gli interferometri «Ligo» e «Virgo» che hanno rivelato le onde gravitazionali, fino a rivoluzionare le Borse. E non solo. La Bosch - rivela lo scienziato - vuole sfruttare la metrologia per misurare la pressione degli pneumatici. Sarà difficile nasconderci quando inizierà la prossima rivoluzione quantistica.