Corriere della Sera, 27 maggio 2019
Perché abbiamo una visione distorta degli immigrati
Al di là del risultato, il vero esito delle elezioni europee dipenderà molto dalla percezione che i cittadini hanno degli immigrati. In una democrazia gli elettori dovrebbero essere bene informati su cosa votano, e se non lo sono, dovrebbero essere disponibili a diventarlo.
In uno studio condotto con Armando Miano e Stefanie Stantcheva abbiamo invece riscontrato che la disinformazione sul problema immigrazione è enorme e le persone sembrano ragionare più con le emozioni che con la razionalità su questo argomento. L’immigrazione in Europa è un problema assai complesso ma proprio per questo va affrontato con il cervello e non con scatti emotivi, al seggio.
Abbiamo condotto un’indagine di opinione su un campione rappresentativo degli Stai Uniti e di 5 paesi europei – Italia, Francia, Germania Svezia e Gran Bretagna. In tutti i paesi, compreso e soprattutto il nostro vi è un’enorme disinformazione sul numero, provenienza geografica, livello di educazione e di reddito degli immigrati, definiti come individui residenti legalmente nel Paese ma nati altrove. I nativi pensano che gli immigrati siano tantissimi, siano in gran parte provenienti da paesi «difficili» per esempio mussulmani, che siano in gran parte disoccupati, poveri e un peso enorme per lo stato sociale.
Qualche numero. In Italia gli immigrati sono circa il 10 per cento della popolazione; gli italiani pensano che siano il 30 per cento. La percentuale di immigrati provenienti da paesi a maggioranza mussulmana è circa il 30 per cento del totale; gli italiani pensano che siano quasi la metà. Gli italiani ritengono che circa il 45 per cento degli immigrati viva sotto il livello povertà mentre il numero vero è intorno al 30 per cento. Il 30 per cento degli italiani pensa che un immigrato riceva dallo stato italiano molto più di un nativo, anche a parità di situazione economica, semplicemente perché è un immigrato.
Le persone che hanno le percezioni più distorte sono coloro che si definiscono «di destra», che hanno livelli educativi più bassi e che lavorano in settori in cui la presenza di lavoratori immigrati è più alta. Risultati simili anche se in qualche caso con distorsioni meno estreme, valgono per tutti gli altri paesi.
Più sono errate le percezioni sugli immigrati più avversi sono i nativi alla generosità dello stato sociale. Perché ridistribuire ricchezza se ne beneficiano in misura preponderante gli immigrati? Un problema difficile per la sinistra, favorevole allo stato sociale ma che si scontra con la generale diffidenza e disinformazione sugli immigrati anche dei propri elettori.
Lo studio
Con alcuni colleghi abbiamo condotto
una ricerca: gli italiani pensano che gli immigrati siano tantissimi, in gran parte provenienti da paesi «difficili» e che siano
disoccupati, poveri, dunque un peso enorme per lo stato sociale.
Non li vediamo come qualcuno che partecipa allo sviluppo del Paese ma come qualcuno con cui dividere una torta
che non aumenta mai
Nel nostro questionario abbiamo dato delle informazioni esatte su numero, origine e lavoro degli immigrati a un sotto-campione di nativi per studiare se questi rispondessero in modo diverso alle domande su percezione degli immigrati e stato sociale rispetto al campione a cui non abbiamo dato alcuna informazione. Abbiamo trovato minime differenze. Pare che molti nativi ragionino sull’argomento immigrazione non con i numeri ma usando stereotipi.
Perché? I paesi europei sono stati storicamente abbastanza omogenei – al contrario degli Stati Unti, paese creato da immigrati. L’assimilazione culturale di persone diverse da noi non è facile. In un periodo di bassa crescita economica l’immigrato viene visto non come qualcuno che partecipa allo sviluppo del Paese – come ad esempio ai tempi delle grandi migrazioni europee verso gli Stati Uniti – ma come qualcuno con cui dividere una torta che non cresce. Inoltre, l’Italia ha ricevuto un flusso di immigrati prevalentemente a basso livello d’istruzione. Da noi arrivano lavoratori di base non qualificati, gli ingegneri indiani vanno nella Silicon Valley o in Svizzera.
Ma questo è un problema nostro, nel senso che non siamo capaci di attirare i cosiddetti cervelli, anzi li prediamo. Prevalgono poi gli stereotipi: quando un milanese passa dalla stazione centrale e vede decine di immigrati (in gran parte illegali e che quindi dovrebbero essere espulsi) che bighellonano trasferisce questa immagine a tutti gli immigrati, dimenticandosi di tanti che lavorano e danno un contributo al nostro Paese, spesso facendo lavori che gli italiani preferiscono non fare.
I mezzi di comunicazione non aiutano. Quando un immigrato commette un crimine immediatamente viene enfatizzata la non italianità del soggetto, il che fomenta gli stereotipi. Infine, tutti i partiti contrari all’immigrazione non hanno alcun interesse a diffondere informazioni corrette.
Non solo, ma i partiti contrari allo stato sociale hanno interesse a diffondere l’idea che quest’ultimo benefici soprattutto gli immigrati.