La Stampa, 29 maggio 2019
Gianfranco Bertone: «Una materia mai più oscura»
Gianfranco Bertone, coordinatore del Centro di eccellenza in Gravitazione e Fisica astroparticellare dell’Università di Amsterdam, è nato a Reggio Calabria.
Tra una scoperta e l’altra ci sono inevitabili momenti di stasi: ora fisici, astrofisici e cosmologi hanno la sgradevole sensazione di essere intrappolati in una di queste bonacce.
«Abbiamo la mappa del tesoro con la fatidica X, ma l’Universo oscuro, quello della materia e dell’energia oscure, rimane tale. Le scoperte annunciate non si sono al momento materializzate», racconta Gianfranco Bertone, professore all’Università di Amsterdam ed esploratore di queste realtà del cosmo, la materia e l’energia oscure, appunto. «E allora dobbiamo continuare a scavare? I dati potrebbero comunque arrivare nei prossimi anni. E, tuttavia, nel frattempo, c’è chi come me e il mio gruppo si sta rivolgendo altrove».
Quell’altrove è un nuovo territorio dell’astronomia, inaugurato con la prima e clamorosa rilevazione delle onde gravitazionali nel febbraio 2016. «Adesso possiamo cominciare ad addentrarci dove non ci eravamo mai spinti». E cercare la materia oscura in modo nuovo, proprio attraverso le increspature che agitano la struttura dello spazio-tempo. «A me – confessa – affascina l’idea di riuscire a utilizzare le onde gravitazionali per “vedere” i segnali della materia oscura intorno ai buchi neri».
Così l’obiettivo diventa l’identificazione – e la misurazione – delle deformazioni delle onde teorizzate da Einstein e di conseguenza della loro ampiezza: ci vorrà tempo, perché questo sarà il compito delle macchine di prossima generazione, strumenti iper-sofisticati che vanno sotto il nome di interferometri e che hanno già le loro installazioni-simbolo: in Italia, con «Virgo», e negli Usa, con «Ligo». «A seconda della distribuzione della materia oscura vogliamo capire il processo di formazione dei buchi neri e anche, ed è ancora più significativo, capire la natura di quella materia». Se a comporla sono particelle particolari, come le «wimps» o gli assioni, o neutrini sterili o, ancora, i bosoni ultraleggeri. Bertone li elenca con la scioltezza dello specialista che ne conosce le intime (ed enigmatiche) caratteristiche e li definisce altrettanti «candidati»: sono loro – spiega nel libro per Longanesi «Sospesi tra due infiniti» – i possibili ponti tra l’Universo a grande scala e l’Universo dell’infinitamente piccolo, due dimensioni altrettanto aliene rispetto all’immaginazione comune, abituata alla familiarità di un rassicurante (e ben regolato) Sistema Solare.
«Ci sono in cantiere l’Einstein Telescope e la missione “Lisa” dell’Esa». Il primo sarà una struttura triangolare, di cui si discute ancora il sito, in Sardegna o in Olanda, mentre il secondo interferometro diventerà una costellazione di tre satelliti (di nuovo a formare un ideale triangolo): collegati nello spazio da fasci laser, tracceranno sterminati bracci di 3 milioni di chilometri ciascuno, adatti a spiare le onde gravitazionali e le loro metamorfosi. Finalmente avremo aggiunto un nuovo e decisivo «senso» a quelli che permettono di indagare il cosmo oltre lo spettro di ciò che è visibile, dalle microonde ai raggi gamma, e la materia oscura potrebbe finire in trappola. «Individuarne la natura – spiega Bertone – significa trasformare il Modello Standard della cosmologia: da congettura, sebbene funzionante alla perfezione, a teoria confermata su come si sono formate galassie, stelle e pianeti, a partire dalla massa e dalla gravità».
E dato che ai sogni gli scienziati non pongono limiti esiste un ulteriore e ambizioso obiettivo. In un simile scenario le onde gravitazionali diventano la super-lente per migliorare le indagini sull’altro mega-mistero, quello dell’energia oscura, l’energia considerata il motore dell’espansione dell’Universo. «Questa potrebbe corrispondere alla famosa costante gravitazionale di Einstein: sarebbe un numero che equivale a una proprietà dello spazio-tempo. C’è, però, una seconda possibilità, molto più interessante: è che sia composta da qualche sostanza capace di evolvere nel tempo e probabilmente dotata di caratteristiche quantistiche».
La seconda opzione contiene indizi intriganti: i dati sulla velocità di espansione dell’Universo – il processo noto come «costante di Hubble» – non coincidono. «I valori raccolti dal satellite “Planck” sulla radiazione cosmica di fondo e gli altri, invece, elaborati su scala limitata, come dalle supernovae, sono incompatibili: potrebbe trattarsi della prima crepa dell’edificio della cosmologia. Così perfetto che molti si aspettano che prima o poi fallisca. E allora le onde gravitazionali diventano una misura indipendente e decisiva». Ci sveleranno quanto accelera il cosmo e tra gli impulsi di un disordine crescente socchiuderanno finestre sul suo destino ultimo.