Corriere della Sera, 29 maggio 2019
I sauditi vietano i pantaloncini
È vietato vestirsi in modo non conforme alle tradizioni, sia per i maschi che per le femmine. È vietato indossare abiti con scritte che offendono il buon gusto.
In Arabia Saudita le nuove regole sul comune senso del pudore colpiscono anche gli uomini, che scandalizzati protestano sui social. Sabato scorso è entrata in vigore una legge, in arabo Al Dhawq Al-Am (letteralmente: il buongusto pubblico) che prevede una multa di 5.000 rial (1.200 euro) per i trasgressori, il doppio per i recidivi. Vale sia per i sauditi che per gli stranieri. Non esplicita quali indumenti siano «offensivi» ma i giornali del Regno pubblicano una sorta di cartellonistica che include canottiere, pantaloncini e minigonne tra gli abiti indecenti.
Niente di tutto questo è una novità per le donne saudite, abituate a indossare in pubblico la lunga abaya sopra i vestiti, oltre al velo sul capo e a volte sul viso. Non ci sono norme legali vere e proprie, è una questione sociale. Lo scorso anno il principe saudita Mohammed bin Salman, alla vigilia del suo primo viaggio a Washington, dichiarava che non devono per forza mettersi l’abaya nera: «Le leggi sono chiare e stipulate dalla sharia: le donne indossino abiti decenti e rispettosi, come gli uomini». A Gedda molte optano per colori diversi dal nero e non sempre mettono il velo in testa, ma portano abaya larghe anche quando fanno jogging.
Ora gli uomini si arrabbiano: secondo il quotidiano Okkaz sono apparsi in poche ore 50 mila tweet contro il divieto dei pantaloncini e l’hashtag correlato è volato in cima ai «trend». Il tentativo di stabilire norme precise in un Paese in cui spesso si fa riferimento alla legge islamica, viene elogiato da alcuni, se non fosse che il nuovo decreto è anch’esso generico e soggetto a molteplici interpretazioni. Un certo Mashary è furioso: «Volete decidere anche cosa ci mettiamo e di che colore? La temperatura d’estate arriva a 50 gradi, volete che la gente si copra dalla testa ai piedi? Continuate così e potrete dire addio al turismo interno. I giovani prenderanno il volo verso altri lidi». A molte donne non sfugge il paradosso: «Quando costringevano noi a coprirci esageratamente, non protestavi per il caldo». E ancora: «Fossero belle le vostre gambe, sarebbe giusto farle vedere... Quando noi chiedevamo che il velo non fosse obbligatorio, ci attaccavate col pretesto della legge coranica».
In passato poteva capitare che la polizia religiosa fermasse ragazzi in magliette attillate o jeans larghi stile rapper (al posto delle tuniche bianche), ma dall’anno scorso gli agenti della mutawwa non hanno più potere. Circolano «fake news» su arresti a Riad, la polizia smentisce: ci vorranno tre mesi per formare gli agenti e chiarire i parametri legali.
C’è chi nota comunque la contraddizione con le aperture annunciate dalla monarchia nella «Visione 2030». Un tale Mohammed pubblica una vignetta che ritrae un uomo (in abiti tradizionali) che si incammina verso il 2030, lasciandosi alle spalle il cervello.