La Stampa, 29 maggio 2019
Putin conquista l’Artico
Le ambizioni geopolitiche di Putin passano dall’Artide. L’estremo Nord del pianeta racchiude immense opportunità economiche e commerciali, ma anche strategico-militari. Il Cremlino lo sa bene, e per sfruttare anche nei mesi più freddi la nuova Rotta marittima settentrionale tra Europa e Asia sta ampliando enormemente la sua flotta di rompighiaccio nucleari. L’ultimo di questi gioielli dell’ingegneria navale si chiama Ural e sabato ha avuto il suo battesimo del mare a San Pietroburgo. È un gigante lungo 173 metri, dotato di due reattori da 350 MW e capace di affrontare lastre di ghiaccio spesse tre metri. Sarà pronto nel 2022, ma prima di lui solcheranno le gelide acque del Nord i suoi due gemelli: i rompighiaccio nucleari Sibir e Arktika, che dovrebbero essere completati nel 2021 e nel 2020. Sono le tre navi più grandi al mondo della categoria. Ma a Mosca non bastano. Putin ha annunciato che entro il 2035 la Russia avrà 13 rompighiaccio, di cui nove nucleari. Nessun Paese al mondo arriva a tanto. Il Cremlino ha già cinque rompighiaccio atomici ma ha bisogno di modernizzare la sua flotta, che risale per lo più all’epoca sovietica. La posta in gioco è alta: lo sfruttamento economico dell’Artico, favorito purtroppo dal riscaldamento globale e dal pericoloso scioglimento dei ghiacci. La Russia punta a rendere accessibile tutto l’anno il Severnij Morskoj Put: la Rotta marittima settentrionale che percorre le acque gelate della zona economica esclusiva russa e consente di raggiungere l’Asia senza passare da Suez e quindi in meno tempo. Si tratta anche di un ottimo strumento per rafforzare i legami commerciali con la Cina e rinvigorire, anche in chiave anti-Usa, l’asse Mosca-Pechino.
La Russia non fa mistero delle sue ambizioni. Al varo dell’Ural, il direttore generale dell’agenzia atomica statale Rosatom, Alexey Likhaciov, ha spiegato che la nuova nave rompighiaccio, «assieme alle sue sorelle, svolge un ruolo centrale nel progetto strategico di aprire la Rotta marittima settentrionale tutto l’anno».
L’Artico russo è sempre più trafficato. L’anno scorso sono passate dalle acque del Nord 18 milioni di tonnellate di merci, l’80% in più del 2017. «Il nostro obiettivo - ha dichiarato Likhaciov - è superare gli 80 milioni di tonnellate nel 2024». Per gli ambientalisti non si tratta certo di buone notizie. I motori delle navi possono danneggiare l’equilibrio naturale dell’Artide, ed eventuali fuoriuscite di gas o petrolio potrebbero mettere a dura prova un ecosistema già delicato.
In realtà ci sono dubbi sul fatto che la nuova rotta ricada interamente nelle acque territoriali russe. Mosca però ha già deciso che il Passaggio a Nord-Est le appartiene e chiede alle navi straniere di farle sapere con 45 giorni di anticipo se hanno intenzione di sfruttarlo. Intanto ingrandisce e modernizza i suoi porti sull’Artico, ristruttura vecchie basi militari e ne costruisce di nuove. L’Artide custodisce un tesoro che fa gola a molti: 412 miliardi di barili di gas e petrolio, quasi un quarto delle riserve mondiali di idrocarburi ancora non sfruttate.